Senza titolo..., ...ancora nn l'ho scelto! xD

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ilusca
CAT_IMG Posted on 21/9/2010, 16:01     +1   -1




CITAZIONE (Lady Khasia @ 16/9/2010, 20:35)
Bello il terzo capitolo! E anche un po' più complicato degli altri :asd:

Mi ha molto colpito questa frase: "[...] proprio perché i passi delle lancette a nulla sono indifferenti e tutto colpiscono,
avevano reso anni prima quel posto tagliato fuori dal mondo così come lo vedevano loro oggi [...]".
Molto bella. Veramente.

Grazie mille :imba: Su quella frase in particolare ci sono stata tre ore; l'ho cambiata e ricambiata, finché non è uscita questa...direi che non è stato lavoro sprecato :)
CITAZIONE (Lady Khasia @ 16/9/2010, 20:35)
Takeshi è un basketman? :uhuh: *ç*

Ebbene sì
Mi piace il basket, anche se non lo seguo molto. Poi Takeshi con la divisa alla Rukawa mi garba :Q__________
(nella mia testa lo tengo visualizzato così bene, che vestito così mi fa sbavare u.ù)
CITAZIONE (Lady Khasia @ 16/9/2010, 20:35)
Ah si, quoto Lal. Anche a me ha molto colpito l'ultima parte
Probabilmente eri molto ispirata mentre la scrivevi ^^

Sì molto. Le dita scrivevano da sole...le parole mi fluivano tranquillamente. Invece delle volte, vengo presa da un blocco bestiale. E' difficile, anche se ho tutto in testa, rendere con parole giuste quello che penso. Non invidio i veri scrittori.
CITAZIONE (Lady Khasia @ 16/9/2010, 20:35)
Per fortuna hai postato questo elenco :asd: Altrimenti te lo avrei chiesto io, eheh ^^

Noto con piacere di confondere molto le persone quando leggono delle parentele dei miei personaggi...col tempo credo che però sarà molto più facile ricordarsi chi è chi :sisi:
CITAZIONE (Lady Khasia @ 16/9/2010, 20:35)
E qui quoto nuovamente Lal XD

Ho già scritto l'inizio, ma solo a penna. Dovrei riportarlo a computer. Però ora, poiché ho l'esame, non ho molto tempo per farlo. Se riesco forse a fine settimana, se no dovrete aspettare dopo il 30, quando sarò ufficialmente libera
Scusate l'attesa...
CITAZIONE (Nalu @ 21/9/2010, 16:29)
Come ti ho già detto hai ritmo nello scrivere, la storia è bella, interessante e mi piacciono le descrizioni che fai, soprattutto quella di Matt all'inizio è dannatamente bella *-*
La suspence è gestita bene .....dai le informazioni con il contagocce, anche se lanci delle piccole informazioni qua e là
SPOILER (click to view)
tipo zeppate :mki:
, e in modo accattivante, il che fa ingrippare chi legge la storia facendogli venire voglia di continuare la lettura con avidità, anche se la trama principale mi sembra contrassegnata da un bel pò si tristezza ^^
Non vedo l'ora di leggere il seguito e smettila di preoccuparti che annoi, perché non lo stai affatto facendo

Grazie AnnaEru
E' che non mi fido molto di me stessa in quest'ambito, anche se spesso mi è stato detto che sono brava. Però dal fare un tema a scrivere una storia, ce ne passa e non so se ne ho le capacità. Poi la storia piace a me, ma non è detto che piaccia ad altri. Pensieri del genere mi tormentano
Riesco a capire i mangaka adesso
Comunque grazie, di nuovo.

E per la storia...prenditela con Matt! E' colpa sua! E' lui che è un emerito idiota e vuole rovinarsi l'esistenza :addit: Io non centro, tsè!
 
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Lady Khasia
CAT_IMG Posted on 24/9/2010, 12:36     +1   -1




CITAZIONE (ilusca @ 21/9/2010, 17:01)
Grazie mille :imba: Su quella frase in particolare ci sono stata tre ore; l'ho cambiata e ricambiata, finché non è uscita questa...direi che non è stato lavoro sprecato :)

No assolutamente. Appena l'ho letta mi è rimasta impressa, quindi davvero un lavoro ben fatto ^^

CITAZIONE (ilusca @ 21/9/2010, 17:01)
CITAZIONE (Lady Khasia @ 16/9/2010, 20:35)
Takeshi è un basketman? :uhuh: *ç*

Ebbene sì
Mi piace il basket, anche se non lo seguo molto. Poi Takeshi con la divisa alla Rukawa mi garba :Q__________
(nella mia testa lo tengo visualizzato così bene, che vestito così mi fa sbavare u.ù)

Dammi un basketman e sarò tua per sempre! :Q__
Credo che Takeshi sia diventato il mio personaggio preferito, ahah!
SPOILER (click to view)
Io me lo immagino più come Mitsui *ç* :lool:


CITAZIONE (ilusca @ 21/9/2010, 17:01)
[...] Le dita scrivevano da sole...le parole mi fluivano tranquillamente. Invece delle volte, vengo presa da un blocco bestiale. E' difficile, anche se ho tutto in testa, rendere con parole giuste quello che penso. Non invidio i veri scrittori.

Ti capisco, capita anche a me ogni tanto. Ma lascio passare qualche giorno e poi riesco a superare il blocco. Invece nei momenti in cui sono ispirata, proprio per non perdere l'ispirazione scrivo ovunque xD

CITAZIONE (ilusca @ 21/9/2010, 17:01)
Noto con piacere di confondere molto le persone quando leggono delle parentele dei miei personaggi...col tempo credo che però sarà molto più facile ricordarsi chi è chi :sisi:

Si, lo credo anche io. Essendo i primi capitoli pieni di tanti personaggi diversi, si fa ancora un po' fatica a ricordarli tutti. Ovviamente andando avanti sarà più semplice ^^
(A meno che tu non inserisca 50 personaggi in un capitolo solo :lool:)


CITAZIONE (ilusca @ 21/9/2010, 17:01)
Ho già scritto l'inizio, ma solo a penna. Dovrei riportarlo a computer. Però ora, poiché ho l'esame, non ho molto tempo per farlo. Se riesco forse a fine settimana, se no dovrete aspettare dopo il 30, quando sarò ufficialmente libera
Scusate l'attesa...

Non preoccuparti, tanto anche io ho ancora un esame (il 28), quindi prima non riuscirei a leggerlo comunque, ahah ^^
Fai pure con calma, aspetteremo! :riot:
 
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Lal Mirch'
CAT_IMG Posted on 24/9/2010, 13:35     +1   -1




CITAZIONE (Lady Khasia @ 24/9/2010, 13:36)
Dammi un basketman e sarò tua per sempre! :Q___
SPOILER (click to view)
Io me lo immagino più come Mitsui *ç* :lool:

Per questo non so se considerarti una mia rivale o una persona che ha tutta la mia stima!


Mitsui... <3

SPOILER (click to view)
:sbav: :sbav: :sbav:
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 24/9/2010, 14:35     +1   -1




CITAZIONE (Lady Khasia @ 24/9/2010, 13:36)
Dammi un basketman e sarò tua per sempre! :Q__
Credo che Takeshi sia diventato il mio personaggio preferito, ahah!
SPOILER (click to view)
Io me lo immagino più come Mitsui *ç* :lool:

Quoto :lool:
Ho usato Rukawa per far capire che adoro la divisa, ma Rukawa sta sul cavolo anche a me :lool: (ammetto che è comunque fresco!Mi fa l'effetto Sasuke Uchiha <.<)
Takeshi è soltanto un po' più mingherlino di Mitsui XD
Ancora non l'ho descritto, forse perciò è un po' difficile farvi capire com'è XD
Lo farò nel 4° sicuramente ^^
CITAZIONE (Lady Khasia @ 24/9/2010, 13:36)
Ti capisco, capita anche a me ogni tanto. Ma lascio passare qualche giorno e poi riesco a superare il blocco. Invece nei momenti in cui sono ispirata, proprio per non perdere l'ispirazione scrivo ovunque xD

Ho iniziato a scrivere sul cellulare sotto forma di messaggi, quando l'ispirazione mi viene fuori casa, tipo in treno o nei negozi XD
CITAZIONE (Lady Khasia @ 24/9/2010, 13:36)
Si, lo credo anche io. Essendo i primi capitoli pieni di tanti personaggi diversi, si fa ancora un po' fatica a ricordarli tutti. Ovviamente andando avanti sarà più semplice ^^
(A meno che tu non inserisca 50 personaggi in un capitolo solo :lool:)

Inserirò ancora molti personaggi (mi dispiace ç__ç)
A mano mano se ci sono problemi rispiegherò meglio le parentele XD
 
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Lady Khasia
CAT_IMG Posted on 24/9/2010, 18:22     +1   -1




CITAZIONE (Lal Mirch' @ 24/9/2010, 14:35)
CITAZIONE (Lady Khasia @ 24/9/2010, 13:36)
Dammi un basketman e sarò tua per sempre! :Q___
SPOILER (click to view)
Io me lo immagino più come Mitsui *ç* :lool:

Per questo non so se considerarti una mia rivale o una persona che ha tutta la mia stima!


Mitsui... <3

SPOILER (click to view)
:sbav: :sbav: :sbav:

Ahah no, Lal non dobbiamo essere rivali, dai
Con Mitsui-sbav facciamo un po' ciascuno, a turni :lool:

CITAZIONE (ilusca @ 24/09/2010, 15:35)
Ho usato Rukawa per far capire che adoro la divisa, ma Rukawa sta sul cavolo anche a me (ammetto che è comunque fresco!Mi fa l'effetto Sasuke Uchiha <.<)
Takeshi è soltanto un po' più mingherlino di Mitsui XD
Ancora non l'ho descritto, forse perciò è un po' difficile farvi capire com'è XD
Lo farò nel 4° sicuramente ^^

Okk, perfetto! Allora aspetto con ansia la descrizione di Takeshi; sono sicura che non deluderai le nostre aspettative sul basketman! :mki:

Quando l'ispirazione arriva si scrive su qualsiasi cosa (perfino sulle mani - ma solo le parole chiave - invece sui tovaglioli del bar è scomodo XD)

Aspetterò lo schema con le nuove relazioni/parentele allora xD
(Non preoccuparti, inserisci pure quanti personaggi vuoi, intendevo solo che un botto di nuovi in un capitolo solo sarebbero una mazzata per me :lool:)
SPOILER (click to view)
E così si scoprì che nel nuovo capitolo di personaggi nuovi c'e ne erano davvero 50... ahahah!
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 24/9/2010, 20:27     +1   -1




No dai :lool:
Credo di averne inseriti abbastanza nel 3 :asd: che poi se rifletto, sono i principali questi :sisi:
Più in là...non molto poi, credo che ci sarà un po' un altro botto, ma a 50 non ci arrivo :lool: Forse totalizzandoli alla fine del "libro" sì, ma per adesso bastano questi per un altro po' ahahahahaha :lool:

Per Takeshi...è il mio preferito dopo Matt ed essendo suo fratello, direi che non può fare a meno di essere bello :sese: Certo Matt resta nel mio cuore, ovvio u.ù
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 9/10/2010, 17:23     +1   -1




Questo 4° capitolo (che c'ho messo una vita per terminare) è di transizione. All'inizio avevo pensato di riversare tutto qui, ma poi mi è sembrato più giusto spostare le cose importanti nel 5°, se no avrei messo troppa carne a cuocere troppo presto
Ho perso l'ispirazione un sacco di volte e sono stata davvero male perché non riuscivo a continuarlo. Fortunatamente, come alcuni di voi già sanno, l'ho ritrovata qualche sera fa. Per la serie: rilassarsi aiuta il cervello e cosa c'è di meglio di una giornata tra amiche?! (Grazie a Kicchan, AnnaEru e Checca-san *W*) [cavolo...!mi sembro una mangaka che a fine volume fa i ringraziamenti :gratt:]

Dato che ho deciso di darmi delle scadenze, tipo un capitolo massimo in 2 settimane, credo li pubblicherò integrali e non spezzettati, a meno che, come penso accadrà per il 5°, non siano troppo lunghi e quindi ritengo più giusto dividerli. Diciamo che siete alla mia mercé :lool:

Spero vi piaccia...e spero comprendiate tutto. E' stato davvero difficile scriverlo e non so nemmeno poi tanto il perché TT^TT
Come sempre, le critiche sono SUPER ACCETTATE!
E come dice Ryuichi: Arigatou na no da ♬ !

4. Vortice



Il mondo verso il quale si dirigevano era conosciuto dai suoi abitanti come WoO, World of Others. Virtualmente riprodotto, si costituiva come una vera e propria fotocopia della Terra. I continenti stavano tutti al loro posto, attorniati dalla stessa quantità d’acqua e illuminati dalla stessa porzione di cielo. Mutavano però nei nomi e nelle divisioni delle regioni: partendo da ovest si trovava Fantasy, corrispondente alla nostra America del Nord; la Terra dei Lupi, l’attuale centro America; e Pomidike nell’America Meridionale. Al posto dell’Europa avevamo Flowsca, dell’Africa Virtus, dell’Asia Virgin, Litico dell’Australia. Il Madagascar diveniva a WoO l’isolotto di Sadoi, mentre l’arcipelago nipponico la terra subacquea di Astal; la terra gelata dell’Antartide l’infernale Utide e per completare le terre ghiacciate, Etide si sostituiva all’Artide. In ultimo esisteva il continente di Omega, terra sospesa a mezz’aria, che vagava di cielo in cielo, senza mai avere una postazione fissa. Vi si poteva accedere da vari portali dimensionali sparsi per i diversi continenti. I ragazzi, che per motivazioni disparate avevano toccato ogni altro continente, non si sarebbero mai aspettati che teatro della loro nuova missione sarebbe stata proprio Omega, la famigerata terra dei Virtuali, un particolare tipo di Others dalle fattezze simili a quelle umane.
In realtà, quasi tutti gli Others hanno un qualcosa che li accomuna con gli esseri umani, ma ai Virtuali mancava poco per raggiungere il diritto di essere definiti tali. Se per un normale abitante di WoO l’essere simile ad un bimbo dagli occhi vitrei e triangolari, con i bordi arrotondati, e gli arti molto corti, era la peculiarità della loro razza, per un Virtuale era diverso: avevano lunghi capelli, anche gli uomini, ed erano alti, come gli adulti della nostra specie; indossavano abiti succinti le donne e tuniche eleganti gli uomini, con un tocco di classicità in ogni loro movimento. Un Others di Virtus, per esempio, non si vestiva di nulla, ma vagava libero da qualsiasi restrizione di pudore; mancava anche una vera e propria classificazione tra i sessi. Oltre ai Virtuali, anche il GCO era solito abbigliarsi. Ma se la differenza principale si notava nell’abbigliamento, quella che marcava di più la loro diversità era la forza. Caratteristica di un Others è l’essere debole, incapace a difendersi e preda di quegli abitanti di WoO che col passare delle generazioni erano riusciti ad evolversi. Tra questi rientravano i Capi e i Virtuali, nonché i Lupi e i Colori. Fortunatamente, quest’ultimo gruppo costituiva la reggenza dell’intero mondo e di conseguenza la plebaglia insidiata nei vari continenti non correva il benché minimo rischio. A questo punto sorge spontanea la domanda: ma di cosa si ciba un Others?Strano ma vero, gli Others non sentivano il bisogno di mangiare, ma da quando le usanze umane erano penetrate nel mondo attraverso i ragazzi, erano soliti intrattenersi in banchetti di bacche, frutta ed erbacce. Per ricaricarsi di energia, bastava loro vivere insieme. Era l’amicizia tra l’uno e l’altro a nutrirli.
E su un sistema di convivenza e comprensione reciproca l’intera popolazione aveva basato la propria pace. Appunto l’importanza che un sentimento come l’amicizia costituiva a WoO, rendeva i ragazzi succubi di colpe dettate da litigi vari e fraintendimenti passati. Anche per questo motivo, era necessario che il gruppo si riunisse al completo. La decisione di partire senza aspettarli o accertarsi della loro venuta, fu nonostante tutto presa nella totalità.
Dopo essersi avvicinati alla quercia e averla accerchiata, appoggiarono tutti dolcemente la mano sul ruvido legno. Ed ecco di nuovo quel vortice. Li aveva catturati. Tutto ruotava intorno. Che mal di testa. Stessa sensazione di nausea delle volte precedenti. Gambe che non ti reggono.
«Un metodo più tranquillo per trasportarci qua, non poteva esistere?Che so, un ascensore! Un bell’ascensore, comodo, senza dispendio di fatiche, tranne la premuta del piano. Macché…»
«Sempre a lamentarti, eh Daichi?». Quest’ultimo si voltò e così seguitarono gli altri. Julay, nella sua divisa di Grande Capo Others li scrutava sorridente. Coi suoi ciuffi color castano-biondo e i suoi occhi a mandorla, tutto in nero, si avvicinava con le braccia spalancate per accoglierli calorosamente.
«Julay!» pronunciarono alcuni, mentre altri tacquero, troppo meravigliati di vederlo in quelle vesti. Poiché era stata scomodata la divisa, significava che l’occasione era importante e che presto ci sarebbe stata una riunione del Grande Consiglio Others. Ogni continente aveva una guida; Julay era quella di Virtus. Raramente avveniva che il consiglio generale venisse interpellato. I membri non andavano molto d’accordo fra loro e non giungendosi mai ad una conclusione, si preferiva agire da sé. Se era stato convocato, allora la situazione doveva essere davvero critica.
«Non spaventatevi, vedendomi indossare questi abiti. Purtroppo non sono stato io a scegliere di riunirci. Vit di Omega ha bisogno di voi, ma non sapendo come chiamarvi ha pensato bene di mandare un messaggio a tutti. Le vesti nere sono comparse da sole.»
«L’ultima volta che è successo abbiamo rischiato grosso. Ricordo l’ira di Untide. Ho ancora i brividi al solo pensiero…»
«Ti prego Yuzu, non farmi riaffiorare momenti spiacevoli.» ribatté Rose. E continuando: «Allora Julay, spiegaci il motivo della nostra presenza qui.»
«Non posso farlo io, anche perché non sono a conoscenza dei dettagli. Come vi ho riferito nel messaggio, questa sarà l’ultima volta che il vostro aiuto verrà richiesto dai sottoscritti. Se vorrete seguirmi, vi condurrò ad Omega, dove ascolterete dalla bocca di Vit la verità.»
Verità. Molto bene. Con ciò si voleva intendere che tutto il resto era stata una balla?Una balla madornale?Verità. Perché aspettare tanto tempo prima di rivelarla?Forse non li consideravano abbastanza maturi in passato per giudicarli capaci di reggere una situazione difficile. Quanti pericoli, quanti rischi avevano corso in questi anni, tutti in nome della verità. Ed ora si scopre che è un’altra la verità. Quante bugie... E loro che c’avevano pure creduto. Fino in fondo, si dicevano. Fino all’ultimo respiro. Fino all’ultima nota che la nostra voce potrà emettere. Che musica stonata era fuoriuscita all’epoca. E se ne accorgevano solo in quell’istante, nel momento in cui la verità stava per essere svelata.
«Andiamo.» incitò Daichi. Ma prima che il minimo passo possa essere stato fatto, il dubbio di Maeko bloccò la loro avanzata.
«No. Aspettate.» e poi rivolgendosi a Julay, «Nel messaggio avevi parlato di un certo “prediletto”. Cosa significa?Chi è?Avevi anche scritto che c’avresti spiegato meglio al nostro arrivo. Continua ti prego, non condurci direttamente da Vit. Penso che sia necessario per tutti noi arrivare lì preparati. Sai com’è…penso di poter parlare a nome di tutti: un altro shock non lo meritiamo.» Asserirono all’unanimità con lo sguardo.
«Hai pienamente ragione, Maeko. Con ciò che già conosco, potrei spiegarvi metà della vostra missione e svelarvi in parte quello che è il mistero principale che avvolge questo mondo. Credo però sia più opportuno che sia Vit a parlarvene, aggiungendo dove vi occorre il giusto particolare e dove non vi abbisogna, ometterlo.»
«Non comprendo tutto questo mistero», obiettò Maeko, «ma non insisto. Avrai le tue buone ragione per voler tacere.»
«Fidatevi di me.»
«Comprendi anche noi, Julay», intervenne il fidanzato. «C’avete raccontato fandonie fino ad adesso, se no non mi avresti menzionato una parola come verità. E’ naturale che chiediamo conferme.»
«Comprendete voi me. Mi sono ritrovato in questa situazione non per mia scelta. In realtà siamo stati coinvolti tutti, perché è nel nostro stesso interesse che stiamo per agire. E dico così, perché senza di voi nulla si potrà smuovere. Sarebbe stato opportuno che già ci fosse stati tutti qua, ora, presenti, ma forse era chiedere troppo a quei due…Non avrei mai voluto tirarvi in ballo nuovamente. Purtroppo non ho potuto farne a meno. Comprendetemi, vi prego. Non chiedetemi di farvi del male.»
«Ma nel tuo messaggio…»
«Lo so, Dicon. Lo so. Nel mio messaggio vi ho mentito, ma l’ho fatto a fin di bene. Era un modo come un altro per attirarvi qui, con una qualche speranza di certezza. Se vi avessi detto che nemmeno io so dove stiamo andando a parare, voi come avreste reagito?»
«Saremmo scappati», asserì Renji.
«Sareste scappati, appunto. Non avreste accettato. E tutto il nostro progetto sarebbe andato in fumo. Capisco perfettamente la vostra diffidenza. Capisco anche che per voi è difficile accettare in questo momento della vostra vita un rischio così grande. Ma sarà per l’ultima volta. Risolto questo, avremo un qualcuno che ci sostenga e protegga, perché, siamo franchi dai, WoO non può andare avanti senza un punto fermo. Ci serve un riferimento, un qualcosa che non sfugga, che ci indichi la strada da seguire, che ci obblighi a comportarci in un certo modo e a rispondere con responsabilità e cognizione di causa alle nostre azioni. Non possiamo andare avanti agendo ognuno così come gli gira quella mattina e nemmeno sperare che all’altro passi per l’anticamera del cervello di assecondare le nostre scelte improvvise. C’è bisogno di qualcuno che sia super partes.»
«Non hai tutti i torti, Julay, e vogliamo fidarci.»
«Ma Daichi!»
«Jonas, stare qui a discuterne non credo ci porterà a qualcosa di concreto. Penso che sia più utile recarci dove siamo richiesti e parlare direttamente con l’interessata numero uno. Julay. Facci strada.»

* * * * *



Il rombo della moto rossa fiammante tormentava l’udito di Takeshi. Aveva una fifa matta di morire. Sapeva quanto il fratello fosse spericolato ed era difficile credere che la sua sola presenza sul sedile posteriore lo distogliesse dal commettere sciocchezze. Matt dal canto suo pensava si stesse divertendo un mondo: per lui era naturale andare in giro con una moto rubata, senza patente e per di più a tutta velocità! Che brivido gente!
D’improvviso Takeshi udì, distinto dal tuonare assordante del motore, una musichetta orribile.
«E’ il tuo telefono, fratellone?»
«E’ papà. Rispondi tu.»
«E se non fosse lui?Ah, ho capito! Hai le suonerie diversificate!»
«No è lui» e sorrise. “Come fa a sapere di per certo che è papà?Io distinguo la mamma solo perché quando squilla suona l’ultimo pezzo di sto idiota davanti!” Takeshi cambiava la suoneria per la madre in base all’ultimo successo del fratello.
«Pronto.» La voce dall’altro lato tacque per un istante.
«Takeshi?»
«Sì, sono io.» Era contento. L’aveva riconosciuto dalla voce, nonostante fosse passato molto tempo. Il fine orecchio del padre non era cambiato affatto.
«Tuo fratello non può rispondere?»
«No, sta guidando.»
«Ok. Digli che lo richiamo più tardi.»
«Va bene.»
«Ciao.»
«Ciao…»
Tutto qua.
Riascoltava per la prima volta dopo 11 anni la voce di suo padre e questo era tutto ciò che sapeva dirgli. Nemmeno un come stai…Voce scostante. Freddezza. Nessun turbamento. Dannato quel suo cuore che faceva TU-TUM ad ogni suo respiro! Non gli era mancato?Non se ne fregava più di lui?
«Scusalo. Non lo fa apposta. Lo fa per te.» La voce di Matt interruppe il vortice di rabbia che aveva travolto Takeshi. Matt riusciva a leggere ogni suo silenzio, il che era abbastanza irritante nei casi in cui preferiva mantenere segreti i propri pensieri.
«Non farmi ridere. L’ha fatto per me?! Trattarmi così male è una cosa che lui fa per me?! Devi proprio spiegarmela questa Matt!» sputò Takeshi con l’ira alle stelle. Adesso ci si metteva anche lui a stuzzicare il suo umore nero.
«Non prenderla così a male.»
«E come dovrei prenderla?!» e cercando di fare una voce quanto più infantile gli era possibile «Oh papà, ma quanto sono felice che mi hai trattato come se non fossi tuo figlio! Aspettavo questo da 11 anni! Ti ringrazio sentitamente. Così va bene?!»
«Dai Takeshi! Non ci pensare. Un giorno forse lo capirai.»
«Cazzo spiegamelo!» Matt frenò di brutto. Si tolse il casco e lo guardò dritto negli occhi. Fortuna che c’era la visiera ad ammortizzare quello sguardo. Takeshi si fece coraggio.
«Matt siamo nel bel mezzo di un incrocio. Avrei preferito sceglierla da solo la mia morte. Morire spiaccicati da un tir nel bel mezzo della città non è divertente. Troppo splatter!» Matt indossò di nuovo il casco, sgommò e riprese la sua corsa. Verso dove poi?Takeshi pensò che nella sua vita non aveva fatto altro che questo: rincorrerlo. Rincorrerli. Seguirli con gli occhi. Essere la sua ombra e cercare l’ombra dell’altro. La sua vita era caduta in un vortice senza fine, quando i suoi genitori avevano divorziato. Aveva perso tutto, tutto quello su cui aveva contato. Aveva perso le persone più importanti. Aveva perso la sua vita, la sua quotidianità, la sua serenità. Il suo scopo: rincorrerlo. Essere come è lui. Fare come fa lui. Dire come dice lui. Lui. Lui. Solo lui nella sua vita, prima del 28 maggio di quell’anno. Lui. Il suo fratellone. Matt. Dipendeva completamente da Matt. Tutt’oggi non poteva dire di comportarsi diversamente. Eppure era stato lui stesso a scacciarlo ed ora, soltanto ora, a riavvicinarglisi. Cos’era cambiato da quando era un moccioso?Nulla. In cosa era maturato?Nulla.
«Perdonami. Non volevo alzare la voce.» Le sue scuse probabilmente si sarebbero perse nel boato del motore, se una conferma che era stato ascoltato non gli fosse giunta dallo spettacolo che presto gli si visionò davanti.
«Mi hai portato sulla via panoramica!Grazie Matt!Era da una vita che non ci venivo…»
«Sono contento.» E frenò. Takeshi pensò che non vedeva il mare da tanto! La prima volta che c’era andato da bambino non fu un’esperienza piacevole, ma ne conservava comunque un buon ricordo. Soprattutto ricordava il calore dell’abbraccio di Matt e il suo dolce sorriso a fine giornata. Come sempre era stato incolpato al posto suo dell’accaduto e le aveva prese, sempre per colpa sua. Eppure sul volto del fratello non era mai riuscito a leggere il benché minimo segno di rancore o di delusione nei suoi confronti. Matt aveva sempre accettato tutto quello che veniva dai loro genitori, tutto. Non aveva mai protestato, convinto forse dentro di sé che assecondare qualcuno voglia dire consequenzialmente renderlo felice. Takeshi aveva spesso creduto che il fratello maggiore vivesse un serio complesso e si sentisse quasi obbligato a dover sostituire il padre, quando egli non ci fosse. Alla fine dei conti, c’era realmente riuscito. Realmente Matt aveva preso il posto del padre.
Takeshi voleva assomigliargli, ma se non nell’aspetto fisico, non riusciva a trovare nessun altro punto in comune col fratello. Anche lui aveva i capelli biondo oro, alto, snello, col fisico atletico. Divisi dal nasino all’insù, ereditato dalla madre, c’erano due smeraldi, due occhi verdi uguali a quelli del padre, tant’è che spesso Judy lo aveva confuso col marito nel periodo subito successivo al divorzio. Takeshi aveva dei modi gentili, ma essendo di natura introversa, risultava spesso superbo. In realtà era l’esatto opposto: aveva sempre sofferto di un forte complesso d’inferiorità nei riguardi di Matt e aveva sempre avuto scarsa autostima. Si sentiva un debole, un inetto a vivere, perché puntava la sua vita su altre persone, che relativamente potevano consigliarlo nel prendere scelte inerenti al suo futuro. L’unica fermezza nel decidere l’aveva adottata con Kary. Ma con lei era diverso. Adesso non gli andava di pensarci però.
«Stupendo! Cavolo quanto brilla!»
«Qualche volta dobbiamo organizzare. Mi piacerebbe farmi un bella nuotata. Un po’ di relax non mi farebbe male.»
«Non sapevo fossi così stressato, Matt. Io lo dico che tu non stai bene!»
«Ahahahah…Ma no!Non ti preoccupare per me. Piuttosto, da che varco vogliamo entrare?Avevo pensato di utilizzare quello degli studi televisivi, ma la tua reazione alla telefonata di prima mi lascia da pensare che non ti va di andarci.»
«Se possiamo evitare…»
«Ok!Allora diritti alla quercia!»
E facendo rombare la moto, si lanciò come un bolide verso la direzione appena scelta. Takeshi si strinse forte al petto del fratello. Si sentiva al sicuro dal momento che lo aveva vicino. Quanta tenerezza gli trasmetteva il suo cuore che sentiva pulsare sotto il giubbotto. Matt era lì e l’idea di passare del tempo con lui a WoO lo allettava più di qualsiasi altro pensiero. Come per esempio il rivedere Kary. Stringendosi sempre più al fratello, chiuse gli occhi e si distaccò con la mente dalla realtà. Tanto c’era lui davanti. Non gli sarebbe successo nulla.
«Ti voglio bene, fratellone», sussurrò, pensando che Matt non lo sentisse. Quest’ultimo, che dato il suo mestiere aveva l’orecchio ben allenato a percepire qualsivoglia suono o rumore gli ruotasse intorno, sorrise alle parole del fratellino.


 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 11/10/2010, 10:53     +1   -1




Ho scritto un nuovo pezzo da attaccare al 4°...quindi non è finito XD
Ora ce l'ho sul cellulare, devo solo portarlo a macchina ^^
Più tardi lo pubblico!
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 11/10/2010, 12:46     +1   -1




Questo si riattacca a quello sopra

* * * * *



Il Dottor Steve aveva ricevuto una telefonata di mattina dal padre del paziente fantasma, che quella stessa mattina avrebbe dovuto intraprendere quel famoso giro di terapia. La preoccupazione che era riuscito a suscitare nel chiamante fu tale da spingerlo a catapultarsi di filato in clinica.
«E tu che ci fai qui?» chiese legittimamente il medico, appoggiando la tazza col tè fumante sulla sua scrivania. Ospitare Jack nel suo ufficio era un evento unico e raro.
«Ho chiamato Matt, subito dopo aver telefonato te e mi ha risposto Takeshi.»
«Tuo figlio?» ribatté Steve meravigliato.
«Se è per questo anche Matt è mio figlio…» fece l’altro con una smorfia.
«Be’ sì, scusa e…che ti ha detto?»
«Che quell’idiota stava guidando ed ho capito anche cosa, dato che per venire ho dovuto prendere la corriera.»
«Cioè?!» il medico sembrava non capire. «Spiegati meglio.»
«Si è fregato la mia moto.» A queste parole gli occhi di Steve si sbarrarono. «Sai bene anche tu che non è munito di nessun tipo di documento!Ho sperato fino all’ultimo che stesse venendo qui, ma noto con piacere di essermi sbagliato. Sono doppiamente preoccupato: con lui c’è anche Takeshi. Quel pazzo!»
Il Dottore sembrava non riuscire più a riprendersi. Non solo Matt non si era presentato alla terapia, ma aveva pure inscenato una pseudo fuga con la moto del padre. Già da tempo avrebbe dovuto smettere di meravigliarsi di quello che riusciva ad architettare quel cervellino bacato, ma era troppo straordinario constatare ogni volta quanto fosse geniale. Inoltre, altro elemento di stupore era come fosse stato possibile che Jack avesse viaggiato con l’autobus. Quanto sappia attirare l’attenzione la sua figura lo sapeva bene ed era anche a conoscenza del suo ruolo nella società; ma fortunatamente nessuno sapeva chi realmente lui fosse a parte lui e pochi altri e se lo si incontrava per strada di certo non ci si sarebbe aspettati di imbattersi nel direttore degli studi televisivi.
«Come ti dico sempre, Jack, non hai un figlio, anzi direi non hai entrambi i tuoi figli normali.» “Chissà da chi hanno preso…” penso poi tra sé scettico.
«Non è assolutamente colpa di Takeshi, di questo ne sono certo. Matt l’avrà convinto in qualche modo. Sai quanto quegli occhi sappiano essere persuasivi…»
«Bene. Ora cosa vuoi fare?»
«E che ne so! Aspetterò una sua chiamata, se mi riterrà degno di riceverla. Ho timore che questa sia una piccola ripicca nei miei confronti perché ieri sera non ho voluto vederlo.»
«E perché?Jack ti prego, non venirmi a dire che state ancora sul piede di guerra per quella questione?!»
«Quella questione, come la chiami tu, l’ha quasi visto morto!Non posso perdonarglielo. Non posso perdonargli di avermi tenuto all’oscuro di tutto. Prima dice che non mi interesso, anche se non vorrebbe propriamente che io mi impicciassi nei suoi affari; poi, quando decide che sono stato tagliato troppo fuori dalla sua vita, persevera nell’errore attribuendone a me la colpa.»
«Matt è solo timido», intervenne una voce femminile. Janet entrò nell’ufficio, stanca di origliare i discorsi assurdi di due uomini che sicuramente non sarebbero andati a parare da nessuna parte. «Vuole che sia tu ad accorgerti che sta male e che ha bisogno di te. Non vuole essere costretto a parlartene e personalmente non la reputo una pretesa del tutto errata.»
«Sfido te ad interpretare i suoi sorrisi e i suoi sguardi criptici», sentenziò Jack. «Quando era bambino vi riuscivo bene, perché ero io a stare un passo avanti in quanto ad esperienza. Ma ad oggi è tutto diverso. Mi ha superato alla grande e non mi capacito più a stargli dietro.»
«Jack, Matt non ha avuto un’infanzia facile e il tuo atteggiamento dopo il divorzio non lo ha certamente aiutato a crescere come un normale ragazzino della sua età sarebbe cresciuto. Affrontare quello che ha dovuto affrontare lui, sarebbe risultato quasi impossibile per chiunque. Ci è riuscito, è normale che ora pretenda di essere compreso. Ti è sempre stato dietro, si è comportato lui da padre nei tuoi riguardi, è logico che ora ti accusi di non essere presente e di fraintenderlo.»
«Sono consapevole di non averlo cresciuto come avrei dovuto, ma ce l’ho messa tutta per non fargli mai mancare nulla…»
«A lui mancavi tu.»
«Ok ok, è una futilità stare a rinfacciarsi errori passati. Di certo la situazione attuale non si risolve parlandone.» Steve si stava spazientendo. Quando Janet e Jack iniziavano a confrontarsi sull’educazione di Matt, sembrava di ascoltare due sposini. Che fastidio!Era geloso.
L’attenzione dei presenti fu improvvisamente attratta da un cellulare.
«E’ il mio!» fece Jack. «Pronto?»
«Jack.»
«Ah King, sei tu…Dimmi tutto.»
«Come sei felice di sentirmi!Comunque ha chiamato tuo figlio in ufficio, ha parlato con Chiko. Aspetta che te la passo…Chikooo», urlò fuori dalla cornetta. «Tieni, Jack.»
Una vocina squillante prese a sgridarlo dall’altoparlante: «Jack!Dove diamine sei?!Sei scomparso dall’ufficio tutt’a un tratto e non mi hai nemmeno detto dove andavi. Cavolo, mi hai fatta preoccupare! Ho pensato che fosse successo qualcosa. Ho creduto fossi impazzito!Cioè, non muovi mai il culo da sopra quella sedia e stai sempre a lavorare nel tuo sgabuzzino, mi sono stupita perciò di non avertici trovato dentro. E allora dove sei?!Ha chiamato Matt e anche lui era stupito di non trovarti. Gli ho detto che forse eri uscito a prenderti un caffè, ma poi mi è tornato in mente che te l’avevo già portato io quella mattina. Così ho iniziato a pensare al peggio!E se l’avessero rapito?!Oh, King sa quanto mi sono preoccupata. Cioè, una chiamata no?Un avvertimento?Che so, un biglietto?Un post it?Una qualsiasi scritta che mi poteva dire dove andavi!Ma dove sei, allora?Eh, dove sei?» Jack finalmente riuscì a prendere la parola. Aveva dimenticato per un attimo quanto Chiko potesse parlare velocemente e quante parole nel giro di un nano secondo riuscisse a sputare da quella boccuccia di rosa.
«Sono in clinica. Che ti ha detto Matt?»
«Ah! E cosa ci fai lì?» continuò Chiko, ignorando la domanda. «Come ci sei arrivato poi!Non dirmi che hai preso la corriera?!FOLLE! E se ti avesse riconosciuto qualcuno?!Jack, ma dico, come ti vengono?!Se me l’avessi chiesto, ti avrei accompagnata col furgoncino. Invece no, devi sempre fare le cose a modo tuo e segretamente. Capirai una buona volta che puoi appoggiarti su di noi?Che…» Non l’ascoltava più. Adesso non aveva più nemmeno la libertà di uscire da quel dannato posto e farsi un giro. Inconcepibile. Ma che stava, sotto libertà vigilata?Oppure agli arresti domiciliari?Che poi ci fosse tornato una sola volta a casa in questi ultimi tempi!Non si era mosso dalla sua scrivania. Aveva lavorato notte e dì, senza sosta. Vedi un po’ che doveva sentire.
Il suo orecchio si rizzò solo nel momento in cui Chiko pronunciò «Non dirmi che pensavi di trovarvelo!» e maleducatamente o meno, si prese la parola.
«In teoria sì, ma praticamente ho solo perso tempo. Dimmi che ti ha detto.»
«Ok. Mi ha riferito che sta andando con Takeshi a WoO. Ha detto di non preoccuparti. Che sta bene e che non ce l’ha con te per non averlo ricevuto ieri sera. Poi ha detto che ti saluterà Kid e infine che avresti dovuto chiamare il dottore, perché lui non aveva abbastanza tempo. Tutto qui!Ah, mi ha detto che mi ama, ma questo credo non ti interessi…» Gli occhi di Jack andarono al cielo. Chiko dal canto suo aveva capito che non gli andava di ascoltarla più di tanto, così accorciò le sue risposte.
«Grazie. Ora torno. Cercate di cavarvela un altro po’ senza di me» e riattaccò. Rivolgendosi ai due ospiti disse poi:
«E’ tutto ok. Ci siamo preoccupati per niente. Steve, fammi il piacere di spostargli la terapia. E lo so, lo so» cercando di calmare il compagno, «che ti sei sforzato già tanto per incastrarlo, ma un altro po’ di sacrificio e forse ce la facciamo.»
«Va bene» rispose il dottore rassegnato.
«Io scappo. Ho ancora una marea di servizi da sbrigare. Grazie. E scusatelo finché potete.»
Janet gli si avvicinò, gli carezzò i capelli e lo abbracciò.
«Perdona la mia insolenza di prima.»
«Non dirlo nemmeno. Grazie che ti preoccupi piuttosto.»
Steve aveva già iniziato a stringere il pugno a quel quadretto idillico.
«Ciao.»
«Ciao», salutarono gli altri due.
Jack si richiuse la porta dietro le spalle e uscì dalla clinica. Era sconfortato, ma anche un po’ sollevato. Matt stava bene e stava con Takeshi, quindi deduceva che anche il suo umore fosse alto. Si sarebbe concesso un piccolo capriccio prima di rientrare a lavoro e volse le gambe verso la sala giochi più vicina.


Il 4° è finito.
 
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Lady Khasia
CAT_IMG Posted on 9/12/2010, 14:21     +1   -1




:o_o:

:o_o:

:o_o:

Quand'è che hai aggiornato? Un mese fa???
Vabbè che nell'ultimo mese io non ci sono quasi mai stata, ma... dovevi avvisarmi!

SPOILER (click to view)
No, scherzo xD


Mi sono salvata il 4° capitolo, appena riesco lo leggo :uhuh:
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 9/12/2010, 21:14     +1   -1




Grazie mille >.<
Ho aggiornato una marea di tempo fa...ma non sono riuscita a scrivere più nulla, solo pezzetti vari. Dovrei muovermi a farlo il 5°. Vedrò sto finesettimana XD
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 18/2/2011, 21:32     +1   -1




Dopo un blocco dello scrittore durato mesi, ho ripreso a scrivere...forse per la settimana prossima, sarò in grado di pubblicare questo famoso 5° capitolo <.<
L'ho fatto scendere da cielo -.-''
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 4/3/2011, 13:28     +1   -1




Ecco il 5° completo.
Ho cancellato il vecchio messaggio perché ho corretto alcune cose. Questa è la versione definitva :) Spero piaccia >///<

5. Formalità



Quando qualcuno ci conduce in un posto nuovo, la prima sensazione è lo smarrimento, perché ogni punto di riferimento precedente scompare alla vista. La seconda emozione è la meraviglia, che ci fa pronunciare parole come “wow” o esclamazioni come “ooh”. La terza è la consapevolezza di trovarsi in un luogo sconosciuto ai nostri sensi e alla nostra memoria; e infine la conseguente spinta in avanti che ha aiutato l’uomo in millenni di storia a scoprire ciò che è mistero: la curiosità. E proprio quest’ultima in giovinezza prevale su ogni altro sentimento. Erano curiosi di sapere come fosse fatto un Virtuale, come fosse fatto Omega e quali parole gli sarebbero state rivolte poi. Erano curiosi come dei bambini di fronte a un oggetto strano, tipo la pentola a pressione o la tv, oppure il telefono o la presa della corrente. Anche a loro andava di infilare il dito nel buchetto dove normalmente si prende la scossa, ma d’altronde era di quella che necessitavano. Troppi anni trascorsi nella quotidianità e nell’abitudine avevano intorpidito i loro cervelli e anche i loro cuori si erano assuefatti a quella tranquillità. Ci voleva proprio qualcosa che li smuovesse da quella sonnolenza.
«Non mi sembra vero che ci stiamo dirigendo verso una nuova avventura. Qui a WoO poi.»
«Hai ragione Yuzu», proseguì Rose. «Sembra impossibile, ma è la realtà. Ieri, seduta in cameretta, pensavo fosse assurdo quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che avevamo messo piede qui. E invece oggi…Sono così ansiosa di conoscere la nostra missione!»
«Io ho una fifa matta, invece!!», controbatté l’amico, mostrandole un sorriso isterico. «Ho paura di cosa ci aspetterà. Ho paura che questa volta non ci andrà bene come le altre, che alla fine non riusciremmo ad essere utili a nessuno. Che litigheremmo di nuovo e finiremmo per sfasciarci ancora di più. E che…»
«Mamma Yuzu, che deprimente!», lo schernì Rose. «Proviamo a pensare positivo, su.»
«Mi chiedo come tu possa essere così tranquilla, ma grazie! Non so come, ma mi hai calmato abbastanza…Se non esistessi, dovrebbero crearti, Rose.»
«Guarda! Il paesaggio sta cambiando!»
Aveva superbamente sviato il discorso. Yuzu non era contento del fatto che avesse ignorato quel complimento. Sapeva bene che Rose era un tipo di persona ben lontano dall’essere capace di vantarsi o dall’avere la presunzione di credere in se stessa. Preferiva piuttosto affibbiare agli altri il merito, sebbene una battaglia avesse potuto portarla avanti lei. Aveva un tipo di carattere di difficile comprensione e dopo anni che la conosceva, Yuzu ancora non si sentiva pronto ad esprimere un giudizio completo su di lei. Non tollerando questa sua incapacità, cercò di distogliere i pensieri dalla ragazza e notò con piacere che tutto intorno la vegetazione mutava e brillava di colori splendenti. Luce. Sembrava di stare in un tunnel di luce.
Il percorso attraverso il quale li guidava Julay era contornato da boschi di betulle argentee, che crescevano su un terreno grullo, quasi come se fosse stato scavato il sentiero appositamente da qualcuno. Il manto verde ai lati pullulava di rose blu e di piccoli nontiscordardime. Il tutto dava al posto un’atmosfera davvero celestiale, che faceva da netto contrasto con l’aria cupa e pensierosa che avevano i viaggiatori. Intorno si sentiva il profumo dei fiori unito allo scorrere dell’acqua: forse in lontananza c’era una cascata o un fiume. Il frusciare delle foglie non li aiutava comunque a scacciare dalla mente la negatività dovuta al mistero, alle menzogne e all’ansia. I raggi del sole sembrava indicassero loro il cammino, ma rappresentavano una minima certezza in quel mare di dubbi. Il dubbio che è di pari importanza della curiosità nello smuovere le persone a domandare e a conoscere, faceva contorcere i loro visi in smorfie di ogni sorta.
Proseguivano sempre dritto ormai da un po’, finché si resero conto che le chiome degli alberi si chiudevano sulle loro teste, formando una sorta di tetto a cupola. Secondo Kary assomigliava molto a quegli archi che si costruiscono per i matrimoni in America: ne aveva visto uno tempo fa in tv. In realtà sembrava davvero fosse stato creato allo scopo di fungere da soglia. Come se stessero varcando una porta tuffandosi in un nulla di luminosità, si trovarono tutti su di un immenso strapiombo, dal quale si dipanava una scala, che discendeva lungo tutto il muro d’edera fino a raggiungere terra.
Non appena l’ultimo piede fu posato sul suolo, una figura angelica si parò davanti ai loro occhi. Da dove era sbucata?Mentre scendevano non l’avevano notata. Indossava con grazia ed eleganza un completino intimo che avrebbe fatto invidia a qualsiasi prostituta d’alta classe: un babydoll ricamato di tutto punto, con pizzi, nastrini e lacci rosa, su uno sfondo di tessuto bianco. Era carinissima, una vera bomba erotica, e i maschi non mancarono di notarlo con estrema eccitazione. Nonostante però l’abbigliamento lasciasse il pudore fuori della sua portata, Vit aveva un portamento regale, e per lei poteva valere tranquillamente il concetto: può indossare qualsiasi cosa, ma niente la farà mai sfigurare. Il suo viso aveva lineamenti tracciati con la matita da un supremo disegnatore che conosceva il fatto suo, e i lunghi capelli castano chiaro che le arrivavano fino ai fianchi, trattenuti in fronte da un diadema con una pietra preziosa rosa, le conferivano una magnificenza unica.
Julay le si inchinò davanti e le baciò la mano, bianca come la neve; così del resto aveva tutta la carnagione, di quel colorito albino di quelle persone che non hanno mai preso un po’ di sole. Nonostante lì il sole ci fosse.
«Ragazzi, ho il piacere di presentarvi Vit» disse Julay, indicandola con la mano in maniera molto galante e facendo al contempo un profondo inchino.
«Salve», li salutò lei, cogliendoli un po’ impreparati. Erano tutti presi dalla sua bellezza, tanto da non riuscire neppure a risponderle. «Scusate la mia scortesia», continuò molto formalmente, «di presentarmi soltanto adesso, nonostante io abbia avuto modo di conoscervi e seguire le vostre vite ormai già da molto tempo. Ciò vi potrà infastidire ancor di più, ma sappiate che non è stato assolutamente nei miei intenti origliare i vostri discorsi o ficcanasare nei vostri affari, spiandovi. C’è una motivazione ben precisa di questa mia totale mancanza di educazione e andrò a spiegarvela immediatamente, se vorrete concedermi il piacere di ascoltarmi.»
Lo shock di udire quella voce cristallina pronunciare parole tanto complesse in un discorso alquanto contorto finì con l’intontire e spaventare ancor di più i presenti, che dal canto loro si sentivano già a disagio e provavano una certe soggezione nella presenza di una così bella creatura. Come mai fosse così formale, non lo comprendevano, ma ancor di più non si spiegavano tutte quelle riverenze da parte di Julay e quell’aria di sottomissione che lui aveva assunto. Doveva rappresentare davvero qualcuno di importante in quel mondo, se anche uno dei Grandi Capi abbassava il capo di fronte a lei.
Daichi si fece coraggio e con un cenno del capo, le indicò di procedere.
«Molto bene. Non essendoci obiezioni, io proseguo nel mio discorrere. Vi starete sicuramente chiedendo chi io sia e che ruolo io rappresenti in questo universo, ma mi vogliate scusare, di questo argomento non è il momento adatto per discuterne. Con lo scorrere del tempo imparerete a comprendere chi sono. Con ciò, vi chiedo comunque di fidarvi ciecamente di me. Prima che possiate controbattere, ci tengo a sottolineare che non avete alternative. O mi appoggiate oppure abbandonate da ora questa missione.» Aveva parlato troppo duramente. Non lasciava loro modo di avvicinarla. Perché stava tutta sulle sue?Perché non rendere partecipi anche loro della sua persona?Tutta questa riservatezza non li aiutava di certo, anzi, rendeva le cose decisamente più complicate e poneva loro nella condizione di non poter muoversi tranquillamente.
«Vi starete chiedendo perché tutto questo mistero», ma cos’è leggeva nella mente?!, «E perché tutto questo pretendere, ma non vogliatemene. Ho le mie buone ragioni per agire in questa maniera.» Dopo aver fatto una panoramica dei presenti, aggiunse poi: «Noto con mio sommo dispiacere che ci sono degli assenti.»
Yuzu prese la parola: «Sì. Mancano due elementi al nostro gruppo. E’ così importante esserci tutti?Noi pensiamo che gli altri rimanenti non accetteranno mai di venire.»
«Errate in questo», rincarò Vit. «Stanno percorrendo la strada che li condurrà diritto qui. Ho inviato una persona fidata a prelevarli.»
«Ah bene!» esclamò Rose. «Allora non abbiamo di che preoccuparci. Eravamo così angosciati per questo.»
«Mi rammarica ascoltare ciò. Sentirvi così disillusi sulla vostra amicizia. Voi credo ben conosciate l’importanza basilare che ha un sentimento come l’amicizia qui a WoO. E’ necessario che voi chiariate con questi vostri due compagni, prima di passare alla spiegazione della vostra missione.»
«Io reputo inutile la loro venuta, ma di più, ritengo sia vano chiedere loro di gettare le armi e alzare bandiera bianca. Non ammetteranno mai di aver sbagliato.» Jonas fu drastico nel suo giudizio.
«Io invece penso il contrario», ribatté Kary. «Innanzitutto non possiamo mai sapere se Takeshi o Matt in tutto questo tempo non abbiano cambiato opinione su alcuni di voi – e non voglio fare nomi! –, se non glielo chiediamo. Poi può anche essere che uno dei due si sia convinto dell’importanza di questa missione e abbia dopo convinto l’altro. Inoltre c’è anche l’opzione: lo fanno per WoO!»
«Sì, ma questo non risolverebbe il fatto che stiamo sul piede di guerra e che quindi fondiamo la nostra unione sul nulla.»
«Yuzu ha ragione; non abbiamo un equilibrio come gruppo», aggiunse Renji.
«Ok, per quanto ti riguarda è risaputo tu stia dalla parte opposta a quella di Takeshi», rispose la fidanzata con aria arcigna. «Io mi domando: cosa vi costa essere un po’ più aperti nei loro confronti? Provare ad andar loro incontro, a comprenderli…»
«Devono farlo loro» e con questo Daichi chiuse il discorso freddamente. Rivolto poi al bellissimo Virtuale, disse: «Vit. Le cose stanno così. Come puoi ben notare la situazione è calda e ancora c’è troppo rancore in ballo per poterci rappacificare subito. Quindi se ti andiamo bene anche in questo modo, un po’ acciaccati, allora siamo d’accordo sull’aspettarli. Se invece diversamente, pensi che in queste condizioni come gruppo valiamo zero e non serviremmo a nulla, bene, in questo caso diccelo chiaramente, che il tempo da perdere penso non lo abbia tu come non lo abbiamo noi.»
La risposta fu una sola. «Aspettiamo.»

* * * * *



Matt sostò la moto in un parcheggio sotterraneo a pagamento e si diresse col fratello nel parco dove era situata la quercia. Diversi pensieri gli vorticavano per la testa, ma cercò di scacciarli tutti via, perché sarebbe risultato davvero sconveniente doversi confidare con Takeshi. Aveva sempre cercato di dirgli poco di sé, dal momento che sapeva benissimo che per sopportare una sua confidenza bisognava avere un “fegato” così!
«E allora?Sei pronto fratellino?» gli chiese sorridendo, mascherando tutto il resto.
«Sono agitato.»
«Io invece non vedo l’ora di vedere le loro facce sconvolte! Scommetto che faranno a gara Daichi e Jonas a chi riuscirà a mostrarmi l’espressione più sgradevole! Ahahaha…»
«Iniziamo bene, fratellone! Speravo sul serio che avessi rimosso tutto questo astio…»
«Chi io?! Astio?! Casomai sono loro quelli che provano astio nei miei confronti. Per me è indifferente com’è che si comporteranno; non mi frega. Sarà più uno spasso vedere contorcere il dispiacere, che la mia presenza provocherà, sui loro visi.»
«Ma quanto sei sadico!»
«Il cinismo è il profumo della vita, non lo sapevi?!» e iniziò a ridere.
«Ma va là! Dio! Peccato che la mamma quando ti ha partorito non abbia sfornato anche un libretto di istruzioni per capire come funzioni, tu!»
«Ahahahah…»
Chiacchierando chiacchierando, erano arrivati nel luogo esatto del varco per WoO. Ma lì c’era già qualcuno. Una figurina tutta pon pon e accessori carini, con capelli raccolti in due codini legati sulle orecchie, dai quali discendevano un paio di orecchini lunghi con una mezza luna alla fine. Fissava intensamente la corteccia dell’albero. Matt le si avvicinò quatto quatto e le bussò sulla spalla con il dito indice della mano destra. Copy sobbalzò!
«AAAAH! Io chiedo: chi sei?Io voglio sapere: cosa vuoi?Io non sono commestibile!»
«Eh?» la spense Matt. Copy rimase allibita da quanta bellezza gli si paresse dinanzi agli occhi.
«M…m…m…» Non riusciva a pronunciarne il nome.
«Sì?» Matt sbatté le palpebre con leggerezza e sensualità. A quel punto, Takeshi spostò il fratello, cercando di togliere d’impaccio quel povero Others. Si erano accorti subito che fosse un abitante di WoO, poiché nessun altro essere umano normale si sarebbe mai messo a squadrare con tanta decisione quella vecchia quercia ringalluzzita, nessun altro essere umano a parte uno del gruppo. E nessuna ragazza del gruppo era solita legarsi i capelli in due codini così infantili.
«Ciao, ti sei persa?» le chiese gentile e accomodante, cercando di metterla a suo agio.
«T…t…t…»
«Ma sta qui parla per consonanti?!» Matt si spazientì e sbuffando iniziò a dare calci all’erba.
«Ignoralo», disse Takeshi, volgendo uno sguardo assassino al fratello, e rivoltandosi poi verso l’Others, «Piacere. Io sono Takeshi e quella mina vagante laggiù è mio fratello Matt.»
«Io li conosco i vostri nomi! Io so tutto di voi! Io non mi aspettavo che foste così belli! Io non riesco a reggere i suoi occhi! Io ho paura! Io…Io…Ma è cattivo?!»
Takeshi, dopo aver lanciato uno sguardo eloquente a Matt, scoppiò in una risata fragorosa. «Ahahaha…» Matt lo seguì a ruota. «Ahahaha…Ma quanti IO ha detto?! Ahahahah…E’ logico che tu sia IO e io sia TU!»
«Cosa?» chiese Takeshi ancora più sconvolto, con le lacrime agli occhi dal ridere.
«Eh?» gli rimandò indietro Matt, piegato in due, con la pancia dolorante per il riso tra le mani.
«Io non pensavo che voi fosse anche divertenti! Io rido ahahahaha…»
Ormai la situazione stava assumendo toni alquanto assurdi. Matt solo a quel punto prese le redini della situazione e, dandosi una parvenza di serietà, disse:
«Non so come ti chiami, ma…»
«Io sono Copy!» lo interruppe subito lei.
«Ok, Copy», ripeté Matt un po’ disperato. «Cosa fai qui sulla Terra?Ti sei persa?Sei uscita per sbaglio dal varco e non sai più come ritornare a WoO?»
«No! No! Io sono venuta a prendervi!» affermò veemente.
Takeshi e Matt incrociarono i due smeraldi e i due zaffiri e all’unisono dissero, alquanto sconcertati: «Noi?»
«Sì! Io, Copy, sono stata inviata da Vit per prelevarvi.»
«Vit?E chi è?» Takeshi non ebbe nemmeno il tempo di finire la domanda, che sì sentì tirare per la mano sinistra. Matt aveva stretto la sua e la mano di Copy ed era saltato nel varco.
«Lo scopriremo poi», gli rispose infine.

Buio completo. Non appena i loro occhi riuscirono ad aprirsi, non videro assolutamente nulla.
«AHIO! Takeshi mi sei addosso!»
«Ma quando mai?! Sono finito dritto dritto a terra…che male al sedere. Auh auh…»
«E queste che sono?Sono morbide.»
«Io sento un maniaco! Aiuto! AIUTO!»
«No no, aspetta Copy, non darmi le sberle…non l’ho fatto app…non sono un maniaco!!!Cavolo! Scusa se ti ho palpato il seno!»
«Maaaaaaatt!»
«Scusa Takeshi!Non l’ho fatto apposta!»
«Oh! Io non avevo capito che eri Matt.»
«Me ne sono accorto! Comunque…Dove siamo?»
«E che ne so, Matt!»
«Io sono ad Omega.»
«E noi?Dove siamo?»
«Io sono con voi…»
«Ah giusto!»
«Ma che domande fai, fratellone!»
«Ma perché è tutto buio?»
«Io me lo sto chiedendo. Io non so dare una risposta.»
«Ma bene. E se ci fossimo incastrati in un’altra dimensione?»
«Takeshi, non fare il pessimista, che la situazione è già tragica!In ogni caso…Copy, potresti toglierti di dosso?»
«Ops! Io chiedo scusa!»
«Non ti preoccupare…Piuttosto, troviamo il modo di uscire da qui.»
«Ma come facciamo ad orientarci nel buio?!»
«Datemi la mano. E fidatevi di me.»
In poco tempo furono fuori da una caverna.
«Come diavolo hai fatto?Quando hai imparato ad orientarti nell’oscurità?»
«Eh eh eh…Un giorno te lo racconterò.»
«Io…Io pensavo voi foste persone scontrose», li interuppe Copy. «Io ho sentito Vit che diceva che Matt e Takeshi sono persone cattive. Io poi ho saputo anche che è perché Julay le ha detto che voi avete litigato con gli altri. Io però non penso che voi siate antipatici ora che vi ho conosciuti.» Era titubante nel suo giudizio, eppure quella mano gelida emanava un calore così particolare, che non avrebbe mai desiderato lasciarla. Matt si accorse subito del suo rossore in viso e separò le sue candide dita dal palmo di lei.
«Be’ che dire…Grazie», le rispose Takeshi. Ma l’altro non fu così stringato come il fratello.
«Devi sapere Copy, che noi non ce l’abbiamo particolarmente con nessuno del gruppo. Da parte mia ti posso dire che non sono mai riuscito ad andare d’accordo con alcuni elementi, ma per Takeshi era diverso. Aveva legato con tutti e trattarlo a quel modo non è stato per niente carino. Io se sono qui, è soltanto perché voglio dare una possibilità a Takeshi di capire il perché del loro voltafaccia. Non per altro…forse anche per vedere Kid, ma....»
«Io vorrei sapere perché…Perché per insultarci hanno tirato in mezzo nostra madre. Non conoscono i fatti, non conoscono lei e si permettono di giudicare e di affibbiarle epiteti infelici», continuò Takeshi.
«Io so che…»
«Non ci pensare. Forse più tardi capirai meglio», la chiuse lì Matt, sorridendo dolcemente. E si avviò avanti.
«Io penso che ha proprio un bel sorriso», commentò Copy fra sé e sé, ma Takeshi udì tutto e la sostenne affermando: «Lo penso anch’io.» E poi si avviarono verso lo strapiombo che avevano di fronte, ricolmi di un senso di pace che precedentemente non apparteneva loro. Copy andò avanti saltellando e arrivò al margine per prima; a quel punto indicò verso il basso e salutò qualcuno. Matt e Takeshi avevano gli occhi sbarrati. Chi diamine sta salutando?No…Non dirmi che sono loro? E corsero ad affiancare Copy.
«No ti prego», esclamò Matt mettendosi una mano in faccia per la disperazione, non appena si rese conto della realtà della sua previsione. «Se hanno sentito tutto, mi sparo in bocca!»
«Che ti frega?Tanto siamo venuti per chiarire, no?», lo tranquillizzò Takeshi.
«To’ guarda chi si vede. I due ronin.»
«Iniziamo con dello spirito davvero godibile», commentò Matt tra sé e poi rivolto a Jonas, continuò: «Ciao Jonas» e abbassando il capo per canzonarlo «Vuoi essere tu il nostro padrone?» Sorrise poi maliziosamente. Vit capì immediatamente il perché si fossero sciolti. I toni di Matt erano sublimemente sarcastici.
«Non vi state comportando in un modo che mi si aggradi. Dovreste chiarire le vostre posizioni e al contrario perseverate nel beccarvi.»
«E tu chi sei?»
«Io ti dico che lei è Vit!»
«Ah, la famosa Vit. Ho il piacere di conoscere un Virtuale.»
«Bravo, Matt. Hai indovinato!» esclamò Julay sorpreso come sempre dall’acutezza del ragazzo. Nel frattempo avevano disceso le scale e si trovavano proprio di fronte l’intero gruppo.
«Matt. Takeshi.» Daichi fu molto freddo.
«Daichi», risposero in coro i fratelli. Calò il silenzio. Si fissavano fra loro. Ognuno con stati d’animo differenti che si agitavano nei loro petti. Rose in particolare fremeva: Matt era diventato ancora più bello. Da parte sua il ragazzo trovò che nulla fosse cambiato in nessuno dei membri. Erano tutti anacronisticamente uguali.
«Sentite. Questo silenzio mi stressa.»
«Stavo per dire lo stesso», lo incalzò Daichi.
«Oddio! Non ci credo. Andiamo d’accordo su qualcosa, Daichi.»
«Forse non siamo un caso così disperato.» Jonas e Renji si girarono di scatto verso Daichi e poi lo fecero anche gli altri, ma con maggiore lentezza.
«Scusa Matt. Scusa Takeshi.» Eh?! Ma se poco prima aveva detto che sarebbero dovuti essere loro a scusarsi per primi! «Credo che la volta scorsa abbiamo davvero esagerato.» Forse a Daichi s’era spostata qualche rotella nell’attesa.
«Credi?!» Matt estrapolò dal discorso quell’unico concetto. Nel frattempo gli altri erano sbigottiti dalla piega assunta dalla situzione.
«Matt. Calmati.» A Takeshi bastò appoggiare una mano sul suo petto e lanciargli uno sguardo quieto per trattenere in lui tutta la furia che stava per esplodere. «Grazie Daichi. Accettiamo le scuse.»
«Ma Take…»
«Va bene così», disse sorridendo. Matt sospirò. D’altronde era Takeshi la persona che aveva bisogno di sentirsi chiedere scusa. A lui, del loro pentimento, non importava affatto. Perciò si rassegnò. Avrebbe voluto divertirsi un po’ in più, ma dinanzi al fratellino cedeva sempre. «Se lo dici tu.»
«Vorreste dire che la finite qui?Davvero?! Io mi aspettavo un po’ di scazzottamento!»
«YUZU!» esclamarono all’unisono e iniziarono tutti a ridere.
Vit sorrise. Forse non erano poi così senza speranze.
«Sono lieta di notare la vostra maturità. E’ per questo che scelgo di premiarvi. E’ giunto il momento di erudirvi sulla vostra missione.»
Le orecchie di tutti si rizzarono. Erano pronti. Nonostante ci fosse ancora da spiegare e da discutere, cercarono di archiviare il rancore e posticiparlo ad un’altra occasione. Ce la potevano fare, bastava solo autoconvincersene.


Una domanda...all'inizio siete riuscite a capire chi pronuncia cosa? E i toni usati? Ero titubante se lasciare quella parte così o se aggiungere qualche spiegazione di fianco alle battute. A me piace così, però non sono sicura si capisca >.<
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 22/3/2011, 19:13     +1   -1




Anche se non lo leggerà nessuno, continuo a pubblicare per sfizio :lool:

6. Sorpresa



«La domanda che è alla base di tutto l’indagare umano è: chi siamo?E conseguentemente: da chi siamo stati creati?Quando siamo nati?E perché siamo nati proprio qui?Ritengo che ad oggi ancora nessun essere umano sia riuscito a darvi una risposta. C’è chi crede in Dio, chi in qualche presenza benefica e governatrice, chi nella coscienza e nella ragione umana. Chi nelle scienze esatte, chi nel nulla che tutto origina. Troppe risposte di natura differente. Nessuna verità probabilmente. Anche del nostro mondo non abbiamo consapevolezza di chi lo abbia generato. Alcuni di noi forse esistevano già all’alba dei tempi, molto prima che questo nostro universo entrasse in contatto col vostro. Molto prima, forse, che voi esistesse. WoO si dislocava per la precisione in tre soli continenti tra quelli che conoscete adesso: la Terra dei Lupi, Virtus e Litico, abitati rispettivamente dagli Others del regno del principe Lion, dagli Others capitanati da Julay e da coloro che erano defunti e risiedevano perciò nell’aldilà, guidati dai Colori con a capo Red. So bene che questa gerarchia poco vi interessa, ma in realtà questa missione si riallaccia proprio a questa storia. Essa consterà di due fasi: nella prima ricercherete sulla Terra altri ragazzi come voi, che per i nostri studi, condotti con dovizia da Copy, risultano collegati in qualche maniera a WoO. Soltanto quando li avrete trovati tutti e condotti qui, soltanto quando ciò sarà avvenuto, vi riferirò il secondo passo della missione. E’ importantissima la presenza di tutti gli umani venuti a contatto con noi Others, perché è tra loro che ricercheremo il prediletto. Vi sembrerà assurdo, ma la missione non è propriamente questa. Dal messaggio che Julay vi aveva spedito sul virtual-test poteva apparire di siffatta essenza, invece l’obiettivo a cui miriamo è ben altro. Abbiamo perciò la necessità impellente di scovarlo. Insieme a lui potremo condurre la vera nostra missione a compimento.»
A questo punto del discorso voltò loro le spalle e allungò le braccia in avanti, tenendo ben rigido e aperto il palmo delle mani. Dal nulla apparve un macchinario che assomigliava tanto ad una ruota panoramica con incastonato al centro, al posto del cerchio che tiene uniti i bracci della ruota, uno schermo gigante. In realtà era sempre stata lì, soltanto che Vit l’aveva oscurata ai loro occhi con un vecchio incantesimo di invisibilità. I Virtuali erano gli unici, oltre ai Lupi e ai Colori, a saper gestire la magia. E se si pensa che i Lupi erano quasi estinti e che i Colori si erano rinchiusi in caverne sconosciute e nascoste, erano i soli a praticarla in quei tempi. WoO non era un universo propriamente magico, ma alcuni Others avevano sviluppato queste potenzialità mistiche in virtù dei loro studi sulla natura e sull’emozioni. I Virtuali erano esperti nel mutare i sentimenti altrui o nel condizionare le azioni, ma anche capaci di velare la realtà o mutarne le forme. Non utilizzavano quasi mai questa sorta di poteri, anche perché i loro contatti con i rimanenti Others erano pressoché radi.
«Questa che vi è comparsa dinanzi è la Ruota del Tempo», proseguì Vit. «Vi starete sicuramente chiedendo come funzioni e se mostri il futuro. Ebbene è così, ma sappiate che non giungeremo mai a dover ricorrere alla divinazione per poter avanzare nella nostra missione. Ci servirà piuttosto per viaggiare nel passato e scoprire in quale delle vostre vite si cela il prediletto.»
«EH?!» esclamò nell’attento silenzio generale Matt. «Voi siete matti.»
«Cos’è che ti crea tanti problemi?» chiese di rimando Daichi, perplesso. Con tono scontroso Matt rispose: «Non ci tengo affatto a rendere di pubblico dominio la mia vita, né quella della mia famiglia. Ho fatto tanto per nascondere fatti e cose a persone a cui tengo ed ora tutta la mia fatica sarebbe resa vana da una missione, che per quanto mi riguarda, ha senso meno che zero?!E’ follia pura!»
«Lo pensi sul serio?» La voce di Vit era abbastanza spezzata. Si aspettava obbedienza e compassione, non animosità rivoltosa.
«Certo che lo penso oppure non avrei mosso proprio polemica», affermò Matt perentorio. «Non sappiamo chi stiamo andando a cercare, dove dobbiamo cercare e nemmeno ci è stato esplicitato il perché della ricerca. In aggiunta, ci viene richiesto di sputtanare la nostra vita ai quattro venti, assicurati del fatto che in bocca a determinate persone certe cose trapelerebbero con più scioltezza. Dimmi tu se questa non è follia.»
Vit era spiazzata.
«Non ho minimamente pensato a questo. Pensavo che…»
«Cosa hai pensato?Che alla fine di tutto le nostre vite contano meno di niente?Che se dobbiamo sacrificare qualcosa in questa missione è la felicità di questi poveri idioti, stolti e ingenui esseri umani che pongono con la loro completa disponibilità WoO prima di tutto?Cosa hai pensato?Per caso che tra di noi ci fosse così tanta fluidità di pensiero e azioni, un legame così forte, che tranquillamente avremmo potuto svelarci l’un l’altro?Su! Sorprendimi!»
Vit aveva gli occhi sbarrati. Lentamente una lacrima scese dall’occhio sinistro. Lentamente una secondo lacrima discese dall’occhio destro. Rigarono il suo candido viso impercettibilmente. Non si immaginava che qualcuno di loro potesse ragionare in quei termini. Non si aspettava che in così giovani ragazzi potessero esserci pensieri così ben formati. E Lei, che di contatti con qualsivoglia essere parlante ne aveva avuti ben pochi, non riusciva a reggere il confronto. All’apparenza sembrava così sicura di sé, ma in realtà, tutta quella formalità, tutto quello stare sulle sue, era sintomo di profonda insicurezza.
«Io…Io…»
«Idiota!Vedi cosa hai fatto?!» rimproverò Takeshi al fratello. «L’hai fatta mettere a piangere!» e correndo verso Vit, le prese le mani e le sorrise, cercando di calmarla. «Scusalo. E non ti preoccupare. Io penso che siano tutte giuste queste tue richieste.»
«Ma Takeshi!»
«Taci Matt! Non pensi di aver già appesantito abbastanza l’aria che stiamo respirando?Non sprecare fiato nel spiegare scusanti che riguardano solo te.»
«Riguardano solo me?! Ma stiamo scherzando?! Guarda che se parlo, lo faccio principalmente per difendere te e la nostra famiglia, io non mi includo affatto in questo discorso.»
«Io non ho bisogno di essere difeso. Mi sembra di avertelo già ripetuto una miriade di volte. E la nostra famiglia non ha niente da nascondere. Se poi la pensi diversamente, sei libero di farlo, ma lontano da qui.»
«Certo che sei davvero meschino. Prima mi chiedi di accompagnarti qui e fai finta di appoggiarmi, poi appena trovi l’occasione giusta per rimetterti dalla parte di questo bel circolo di facce da poker, cosa fai?Mi inciti freddamente ad andarmene, se non mi stanno bene le cose. Ottimo piano, Takeshi. Davvero una strategia impeccabile.» Gli fece un debole applauso.
«Interpretala come vuoi. Tanto con te è inutile discutere.»
«Infinitamente grazie. Ti sono sublimemente grato» e inchinandosi prima a lui, poi agli altri, «Scusatemi, ma anche senza il vostro permesso, preferisco andarmene a casa. Ho ben altro da fare, che restare qui a farmi insultare. Soprattutto dal mio molto riconoscente fratello.»
Nella frazione di un secondo Vit lasciò le mani calde e calorose di Takeshi e corse a stringere quelle gelide di Matt.
«Aspetta!» Ancora scossa, ancora interdetta, ancora piangente, Vit reclamò nuovamente l’attenzione di quegli occhi. «Aspetta…» ripeté con più calma. Matt la squadrò. Anche se era conscia del fatto che non fosse il momento più adatto per pensare ad una cosa del genere, non poté fare a meno di notare quanto fosse bello e quanto quei lineamenti avessero un non so che di nostalgico. Di familiare.
«Ti prego…», iniziò titubando. «Ti prego…», continuò titubante. «Ti prego, prima di andare guarda cosa ho da mostrarvi. In seguito sarai libero di decidere se abbandonare la barca alla deriva o se non arrenderti e lottare contro i pregiudizi comuni…e contro tuo fratello» terminò con sicurezza.
«Che stupidaggine.» Vit stava già lasciando quelle dita di cristallo rassegnata, quando dalla bocca di Matt fuoriuscì nuovamente questa richiesta: «Sorprendimi.»
«Lo farò!» affermò decisa. Poi corse verso la Ruota e dal braccio in basso a destra tirò fuori una tastierina. Iniziò a digitare qualcosa e subito lo schermo si accese. Istantaneamente si mostrarono a loro fotografie di altri ragazzi loro coetanei, ma anche alcuni bambini. Di nuovo nell’attento silenzio generale, Matt esclamò: «EH?!»
«Sorpreso?» chiese compiaciuto Julay.
«E’ impossibile.»
«Cosa?» Rose era curiosa. «Conosci qualcuno di loro?»
«Sarebbe un buon punto di partenza se ne conoscesse già qualcuno!» constatò sorridendo Yuzu.
«Infatti. Non siamo poi così disperati», affermò Renji gongolando.
«Tutti.»
«Eh?Tutti cosa?» domandò Daichi, quasi al limite della pazienza «Aspetta. Non dirmi che…»
«Li conosco tutti.»

* * * * *



«Hiiiiiiii!» salutò Julian non appena entrò nel vecchio teatro abbandonato, nei pressi del porto, che usavano ormai da anni per provare prima dei concerti. In verità più di una volta, il padre di Matt aveva proposto al figlio di prendere in affitto uno dei locali inusati degli studi televisivi, ma gli era sempre tornata indietro la risposta, che qualsiasi sorta di raccomandazione non gli doveva proprio competere. Per questo motivo, si ritrovavano lì, lontani dalla città, così da poter fare quanto più casino fosse possibile e in modo da poter provare indisturbati da chicchessia. Lì, su quel palco umidiccio, con una finta platea davanti, poiché l’unica poltrona occupata era per l’appunto quella di Julian.
«Ciao», gli risposero gli altri componenti della band. Jake era intento ad accordare la sua chitarra, mentre Jeorge a ripassare la sua parte al basso di una delle canzoni del nuovo album. Soltanto Jody gli corse incontro tutta allegra, con la sua gonnellina a fiori svolazzante e quella chioma mossa e bionda, che ricordava un po’ quelle protagoniste degli anime anni ’80, tipo Georgie.
«Giorno Juls!» Abbreviava sempre il suo nome in uno più femminile. Juls, July, Jully, eccetera eccetera. Brutto vizio ereditato dal suo idolo, che altri non era che il cantante della loro stessa band. «Ho imparato tutta la coreografia di “Forget”. E’ stato alquanto complesso, ma ce l’ho fatta!» Ecco che comprendeva il motivo della sua allegria. «Vorrei mostrarla a Matt, ma come al solito non s’è presentato.» Ecco adesso gli stava per chiedere se sapesse dove fosse. «Notizie di lui?T’ha contattato per caso?Qui nessuno sa niente.» Ecco che i suoi occhi avevano preso a brillare dolcemente per ricevere quanta più attenzione le era possibile.
«No, non so niente» le rispose con un debole sorriso. Pensò poi: “Che stanchezza…”
«Uffaaaaaa!!!» sbruffò Jody tutta scontenta. La sua gaiezza era scomparsa in un nanosecondo. «Julino era la nostra ultima speranza! Amoreeee!» disse rivolta al suo ragazzo, «Mi sa che anche oggi non se ne fa niente!»
«E quando mai», ricambiò lui indifferente, posando il basso.
Mentre la vedeva allontanarsi canticchiando la suddetta canzone, Julian pensò che era come sempre. L’avevano grandemente ignorato. Nemmeno una domanda su di lui, troppo presi da Matt erano! Che sfigato. Per ricevere attenzioni era costretto a sapere per forza qualcosa del suo amico fuggiasco, che decideva di saltare le prove quel giorno o l’altro, soltanto perché la sua testa aveva voglia di marshmallow a forma di Hello Kitty, che vendevano unicamente in un negozio in periferia della città, o perché gli era venuta la brillante idea di andare a fare visita ad un eremita sul monte Olimpo! Ma non aveva proprio la forza quella mattina di deprimersi, perciò si buttò a capofitto nei bilanci monetari, cercando di non sprecare pensieri sul resto. D’altronde senza lui, sarebbero affondati di sicuro per le spese esagerate di vestiti, tatuaggi e birre. Decisamente un bel ringraziamento relegarlo al ruolo di cercaMatt personale. Vivere in sua funzione non era mai stata la sua aspirazione più grande, anche se lo stimava profondamente. Anzi…forse quella non era stima. Era qualcosa di più profondo. Infatti non negava che un po’ ne fosse felice, felice di questa certezza nel trovare in lui delle informazioni su Matt. Forse era davvero la persona più vicina a lui?Macché. Jeremy lo superava già in questo.
Mentre era intento a rileggere l’importo dell’ultimo concerto, sentì una presenza dietro di sé e subito due braccia esili, ma forti, lo avvolsero e due labbra delicate e carnose gli sfiorarono il collo.
«Cosa vuoi?Non hai sfogato abbastanza stanotte?» disse riluttante a perdonare. L’aveva abbandonato da solo nel letto, dopo che per tutta la notte aveva cercato di soddisfare ogni sua voglia.
«Ti sei alzato tardi eh?!» gli soffiò nell’orecchio seducente. «Ti ho fatto stancare per benino», sogghignò.
«Un po’ di doppi sensi e spirito sessuale mi mancavano stamattina» sputò fuori con sarcasmo. «Sono andato a fare la spesa, dato che il tuo frigorifero è completamente vuoto. Ti dimentichi sempre di riempirlo.»
«Ah…sì. Sei andato a fare la spesa», controbatté gongolante. Quanto irritava Julian quel sorriso a metà. E quegli occhi penetranti. Non riusciva proprio a mentire come si deve.
«Cambiando argomento, perché non gliel’hai detto tu che Matt non s’è fatto sentire proprio?!Sono stato con te tutta sera e sapevi benissimo che non ho la più pallida idea di cosa ne faccia della sua vita quell’idiota!Poi figurati, se non lo sai tu, chi lo dovrebbe sapere?!»
«Giusto…» E sospendendolo per due secondi, «Era più interessante rimirare la tua faccia depressa e aspettare che arrivasse il mio turno per consolarti. Sei così vulnerabile. E così…fragile e ingenuo. Mi ecciti.»
«Ma vai, vai!!!» disse spingendo via quelle braccia che lo stringevano. «Che seccatura che sei!»
«Sì, sì, sono una seccatura. Ahahahah» rise, mantenendosi la pancia e lacrimando un po’, e avviandosi nel frattempo verso il palco, gioendo.
“Che rabbia! Grrrrr…Mi tiene in pugno! Che disperazione…” pensò, mantenendosi la testa, che ormai iniziava a fargli male. Stranamente però, con quel suo stuzzicare, gli aveva permesso di dimenticare i precedenti argomenti d’attenzione del suo cervello. Che strano potere aveva. “Caro Julian, mi sa che sei proprio cotto!” continuò tra sé e sé. “Come farai a vincere questa battaglia con Matt?! Che caso perso che sono…”
«Buaaaaaaaaaaaaaaa», urlò fuori.
«Ahahahahah» rise Jeremy. «Quante pippe inutili che ti fai Julian!»
«Ha ragione Jemy! Ma quanto sei stupido, Julian?!» Jake gli si era avvicinato e aveva preso ad accarezzargli vicino all’attaccatura dei capelli. Che fastidio piacevole che gli provocava. Gli ricordava quella volta in cui…Oddio! Stava cominciando ad eccitarsi al solo pensiero di quel giorno! Tutto arrossato in viso, scostò la sua mano dal collo.
«Non pensarci, dai, Julian» e pronunciando il suo nome ammicante, fece battere gli occhi lentamente, piantandogli il suo sguardo in viso.
«Va tutto bene…Non…non è niente», balbettò imbarazzato.
«Ok, mi fido. Ma non farti scrupoli a parlarmene, ne?! Lo so che ti fa penare questo tuo amore folle, ahahaha…»
«Non ridere così…uffaaaa…» e cominciando a picchiarlo scherzosamente sul petto, si rese conto di quanto ormai dipendesse anche da lui. Jake era l’unico che stava sempre lì a sostenerlo, sempre lì a consolarlo e che non chiedeva nulla in cambio. Be’…una volta qualcosa in cambio l’ha richiesta, ma Julian non gliel’aveva concessa con dispiacere. Provava un senso di pace, quando lui gli era accanto. Aveva un ottimo amico.
Improvvisamente la porta si spalancò ed apparve la figura del suo vero amico, quel demone dagli occhi blu e dai ciuffi d’oro, che gli scombussolava di continuo la vita. Che sorpresa che fosse lì!
«Meno male che ci siete tutti!» disse entrando affannato e, mentre parlava, cadde svenuto al suolo.
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 31/3/2011, 11:17     +1   -1




Finito anche il 7.

7. Missione



Lo sgomento era ai massimi livelli: nessuno riusciva a credere che quella enorme fortuna fosse capitata. Ricordavano quanta fatica avevano fatto nelle previe venute a WoO e constatavano perciò con maggiore incredulità quanta invece non ne avessero fatta adesso. La fortuna è sempre qualcosa a cui affidare e affibbiare la responsabilità degli eventi: cause ed effetti è confortante farli dipendere da un’entità esterna a noi. Almeno sapremo sempre chi incolpare, se vanno male le cose, o sapremo sempre chi ringraziare, se mai ci andassero bene. Jonas, per esempio, aveva sempre ritenuto conveniente essere nato in una famiglia come la sua, dove il destino è sì già stabilito, ma almeno è assicurato. Non avrebbe mai corso il rischio di unirsi a quell’orda di disoccupati che circolavano a piede libero per le strade, con gli striscioni al grido: “Vogliamo un lavoro. Abbiamo diritto ad un lavoro”. Gli sarebbe bastato studiare qualche anno all’università di medicina e lo studio del padre, i suoi pazienti, i suoi strumenti, sarebbero stati di sua proprietà. Era stato fortunato anche per un’altra circostanza: la sua nascita lo aveva condannato secondogenito, ma il caso volle che il fratello sentisse l’ispirazione per il giornalismo e non seguisse le orme del padre, lasciando così a lui l’onere e l’onore di ereditare l’attività del vecchio. Che figata la sua vita! Mai una volta che qualcosa fosse andata storta. Aveva pure una bella marionetta di fianco da esibire ai congressi, cosa si può desiderare di più?Essere arriso dagli eventi e dalle circostanze, essere così benvoluto dal fato, gli aveva permesso di concedersi il lusso di agire in ogni occasione così come gli giravano, calpestando anche il prossimo se fosse stato richiesto: tanto sarebbe stato graziato comunque. Ecco perché in quel frangente pensò che forse era il suo influsso benefico a far godere tutti di quei buoni auspici.
«Da non crederci, direi» buttò lì, godendo un po’ di guardare quelle facce da morti di fame che avevano i suoi compagni. “La sfortuna ti segna proprio in viso”, pensò poi.
«Da non crederci sì», confermò Yuzu.
«Be’, sfruttiamo l’occasione propizia allora! Matt perché non ci fai il santo piacere di renderti utile per una buona volta e conduci qui i tuoi preziosi amichetti?» proseguì Jonas, concludendo con «Sempre che lo siano davvero.» Ridacchiò. Matt abbassò il viso chiudendo gli occhi, inspirò, espirò, rialzò la faccia e disse: «Credo tocchi a me. Ma intendiamoci: non lo faccio né per voi, né per WoO.» E rivoltosi a Jonas, aggiunse: «Lo faccio per i miei “amichetti”!»
«L’importante è che lo fai, qualsiasi possa essere la tua motivazione» incitò Julay, rubando il turno di replica all’avversario. Stavano puntualmente sul piede di guerra.
«Ok. Andrò da solo. Allora a tra poco.» Con queste parole Matt se li lasciò alle spalle e si diresse verso il varco che aveva utilizzato per venire.
Non appena non fu più a colpo d’orecchio, Rose domandò a Takeshi:
«Secondo te hai fatto bene a dirgli quelle cose?Per me sei stato un po’ troppo egoista.»
«Ho detto solo ciò che pensavo. Sono stanco di sentire la gente dire: “Senza di lui, non farebbe nulla!” Io ho una mia testa, lui ha la sua. Non ho bisogno di essere protetto, capito, aiutato. Non voglio questo da nessuno, men che meno da lui.»
«A me non può far altro che piacere ascoltare queste dichiarazioni da uomo fatto e finito, ma sappi Takeshi che non è giusto voltare le spalle a tuo fratello così di punto in bianco.»
«E’ stato un grande.» Daichi si intromise con forza nel discorso. «E’ stato un grande», ripeté.
«Sì dai, sappiamo benissimo che le teste gloriose come te ovviamente pensano che un atteggiamento da “Io mi sono fatto da me!” sia il top dell’essere fighi. Il mio era solo un consiglio. Alla fine quello che sopporterà il distacco non sarai certo tu Daichi, né io, ma Takeshi. Spero solo tu non te ne penta.»
«Tenevo così tanto a queste vostre parole…» commentò il ragazzo in risposta. «Cioè…come dire…Ho desiderato tanto potervi parlare di nuovo così.»
«Ecco. Matt aveva ragione.» Rose appoggiò sulla fronte la sua mano, in un gesto di disperazione.
«No, ti sbagli! Non è come dice lui. Si mette sempre in mezzo, è un egocentrico!Se gli ho chiesto di venire è perché lo volevo davv…»
«Non giustificarti Koda» suggerì Jonas sogghignando. «E’ solo colpa sua. Aspettiamo adesso come sì ragguaglierà.»
«Che ne direste di “spiare” le sue mosse?» chiese entusiasta Vit.
«Io dico di sìììììììì! Io voglio guardare!» esultò Copy.
«EEEEEH?! Si può?!» urlarono all’unisono.
«E’ una ruota del tempo o erro?E’ logico che mostri il presente. Per questa ragione, bando ai convenevoli» e spalancando le braccia e aprendo i palmi delle mani, Vit pronunciò la sua richiesta: «Mostraci cosa sta accadendo sulla Terra a Matt.»

* * * * *



Corse. Corse. Corse fin quando la quercia alle sue spalle scomparve completamente. Finché percorse tanto asfalto da ridurre al minimo la distanza dal suo obiettivo. Fin quando il cancello della clinica non gli si parò dinanzi, sbarrandogli la strada. Lo scavalcò, perché era troppo stancante bussare al citofono e aspettare che qualcuno aprisse. Corse per il vialetto; varcò la soglia decorata con fiori di carta velina e disegni vari, che i bambini avevano fatto a scuola. Non appena piombò nell’ingresso, annunciandosi, una schiera di mocciosetti in pigiama, dall’età compresa tra i 3 e i 7 anni, gli si fecero incontro. Gli saltarono addosso, facendolo letteralmente finire a gambe all’aria.
«Che sta succedendo qui?Hey hey, chi avete atterrato?!Mi scusi! Mi scusi davvero! Sono molto…MATT?!» La meraviglia di Steve di trovarsi di fronte a quello scapestrato del suo paziente era immensa.
«Dottore…» salutò Matt, che nel frattempo cercava di districarsi da quel groviglio di braccia che gli si erano fatte al collo.
«TUUUU!» lo sgridò incavolato nero. «Sei un grosso irresponsabile, lo sai?!Ma come ti è balenato in testa di saltare il ciclo di terap…»
«La prego, Dottore, la prego. Rimandiamo la ramanzina ad un’altra volta. Mi aiuti piuttosto a togliermeli di dosso», e così dicendo spostò Aki dalle sue parti basse, ormai schiacciate completamente. Ma poi si pentì di essere stato un po’ troppo duro e dolcemente gli accarezzò i capelli. Poi fece un sorriso ad ognuno e appoggiò la sua fronte contro quella di Miya, che gli si era accucciata addosso.
«Vi sono mancato, eh?». Mentre pronunciava questa domanda, chiuse gli occhi, li riaprì e li piantò con morbida forza in quelli della bambina.
«Tantooooo…» esplose la piccola in un pianto a dirotto e abbracciando il petto esile della persona più importante che aveva al mondo. Nel vedere quella scena, l’incazzatura del Dottore sfumò nell’immediato. Sollevando prima Miya dalle braccia di Matt, poi Mattias, cercò di liberarlo dalla morsa nella quale l’avevano stretto. Aspettò poi che si alzasse, che Miya la smettesse di piangere e lasciasse i pantaloni del ragazzo, che ormai stringeva nella manina, e, speranzoso di riscontrare un rimorso nell’assenza per quella mattina, gli chiese: «Come mai sei qui?Credo proprio non sia per la terapia…»
«Dov’è Sakura?Ho bisogno di lei.»
Che bello non essere calcolato neanche di striscio. «Non lo so…credo di là», rispose cercando di fare l’indifferente, sebbene ormai la rabbia lo stava incalzando nuovamente.
«Cos’è questo baccano?» Una voce suadente annunciò Sakura, prima che entrasse nell’atrio.
«Ah eccoti!» e prendendole la mano, iniziò a trascinarla verso la sua stanza, nella direzione dalla quale stava giusto provenendo. Nel mentre prese a racimolare qualche abito pulito per ognuno dei piccoli, di quelli che trovava gettati a casaccio sulle panche nei corridoi. Matt aveva insegnato loro uno strano gioco: spargere abiti per l’ospedale ogniqualvolta si fossero sentiti soli. E ce n’erano molti. Infatti l’obiettivo era appunto far notare a chi sta intorno, attraverso un disordine di colori e tessuti, che un problema c’è ed è reale.
«Dove andremo di grazia?» Sakura accelerò il passo per tenergli dietro.
«Questo te lo spiegherò per strada! Mi servite tu e i bambini!Ora però non dobbiamo perdere altro tempo, ok?»
Sakura impuntò i piedi e strattonò Matt, in modo che il contraccolpo lo fermasse. Si girò a guardarla. Lei lo squadrò. In quell’incrocio di occhi qualsiasi parola avrebbe stonato. Come convincerla? Cosa avrà d’andare così di fretta? Mi seguirà? Che gli è successo? Domande di questo genere rimbalzavano da una pupilla agitata all’altra che si parava di fronte. Poi Matt ruppe il silenzio: «Fidati di me.»
Sakura sostenne ancora quel blu intenso che la fissava e poi, decisa a cedere a quell’insistenza, si rivolse al Dottore, che era corso loro dietro nel disperato tentativo di capirci qualcosa.
«Dottore» lo chiamò. «Avverte lei Clara per Bryan e Mattias?»
«Eh cosa?» Lo shock aumentava. «Non farete sul serio?!Ma che vi prende?!»
«Lasciali andare Steve.» Janet uscì da una delle camerette, dopo aver finito di rassettare il lettino, attratta come non mai da quel mormorare continuo che si avvertiva al di là della porta.
«Janet!» urlò Steve esasperato. «Ti ci metti anche tu adesso?!»
«Ma di cosa ti preoccupi, Steve. C’è Matt con i bambini, no?Non potrà mai accadere nulla di male.» Rivolgendosi poi alla causa di tutto quel trambusto e togliendogli tutti quei panni di mano, aggiunse: «Aspetta solo che ti preparo la cassetta con le medicine di Miya e Soh. Sakura, mi raccomando tu: non stancarti troppo, ok?Nelle tue condizioni è pericoloso.»
«Va bene, Janet.»
«Ma…ma…Aspettate!!!Janet!» La pazienza di Steve era finita. «Cos’è questa follia dirompente?!Tu!», indicò Matt «Piombi qui improvvisamente e te ne esci con questa cosa di svuotarmi la clinica portando i miei pazienti chissà dove! Non ti darò mai il permesso! No! No! No! Sei fuori se pensi che te lo permetterei! E se succedesse qualcosa?! E se uno di loro avesse un attacco?! Tipo Miya» e la prese per le spalle. «Prendi Miya. Se si sente male, che fai?! Eh che fai?! No! Noo! Proprio no! Questa è follia!!!» Iniziò a camminare avanti e indietro, in preda a un demonio.
«Steve?»
«Janet non mi convincerai! Ma poiiiiiiii! Tu!» e indicò nuovamente Matt, che ormai tratteneva le risate a fatica. Era troppo ridicola e teatrale quella scena a cui stavano assistendo. «Non ti sei presentato alla terapia, te ne esci con richieste patologiche, sei da rinchiudere in un manicomio per quanto non ti funziona il cervello, Matt! Tu…s…sei un decerebrato!»
«Steve?» Janet fu di nuovo ignorata.
«No! No! No! E’ inaccettabile questo tuo comportamento! E tu Sakura, che gli stai pure dietro!!! Siete proprio fatti l’uno per l’altra! Non vi permetterò di coinvolgere anche i bambini in questa pazzia. No! No! No!»
«AAAAAAH! BASTA STEVE, NON ROMPERE!» gridò l’infermiera fuori dai gangheri, spaventando non poco tutti e riuscendo a far ingoiare a Matt la sua risata. Calmandosi continuò poi: «Lasciali respirare un po’ questi ragazzi!E non ti preoccupare più del necessario. Matt. Avvertici per qualsiasi problema. Sakura. Non ti stancare e…vatti a vestire! Bambini voi fate i bravi, ok?E non date troppo da pensare a Matt.» Quest’ultimo già stava seguendo Sakura, quando si sentì chiamare da dietro.
«Matt!»
Si voltò.
«E’ meglio che prima di andare il dottore ti visiti. Ti vedo un po’…spossato.»
«Sto benissimo», e corse via, diretto alla stanza di Sakura, lasciandosi alle spalle un Dottore sconcertato e una Janet impensierita. Entrò nella cameretta, spalancando ai suoi occhi un panorama a dir poco allettante. Due morbidi seni, tondi, perfetti in ogni loro linea, gli si pararono dinanzi.
«Maiale.»
«Chiudevi la porta se non volevi che entrassi.»
«Vuoi toccarle?»
«No.»
«Ok», concluse lei indifferente.
«Casomai più tardi» aggiunse lui, pentito di aver rifiutato. Si andò poi ad appoggiare al balconcino.
«Cos’è che ti fa pensare tanto?» chiese lei innocentemente.
«Niente.»
«Ok.»
Silenzio.
Sakura aveva finito per scegliere quel vestito bianco ricamato che piaceva tanto a Matt. Era il suo preferito, anche perché gliel’aveva cucito proprio lui. Gli donava poi particolarmente, dal momento che era scura di carnagione.
«Sono pronta.»
Silenzio.
«Andiamo?»
Ancora silenzio.
Gli si avvicinò e gli urlò nell’orecchio: «ANDIAMOOOO?»
«AAAAAAAH! Sì sì sì! Sì! Andiamo, andiamo…»
Tornarono verso la hall. Lì vi trovarono tutti ad aspettarli. Steve, con le braccia incrociate, fissava attentamente il pavimento, come per incenerirlo. Janet nel mentre aveva preparato il necessario ai piccoli e ad ognuno di loro aveva raccomandato di prendere una sola cosa importante. Miya aveva scelto il suo coniglietto di peluche, quello che gli aveva regalato Matt a Natale dell’anno scorso; Soh, invece, lo spruzzo contro l’asma. Hime aveva optato per la campana di New York, quelle che se capovolgi lasciano cadere tutto il polistirolo, come soffice neve; gliel’aveva portata il Dottore da un congresso sulle malattie respiratorie nella Grande Mela. Aki aveva preso il suo pallone da calcio e Yuri la sua copertina con l’orsetto; Bryan Mattias e Mattias la mano del fratello.
«Siete pronti adesso» affermò sollevata Janet, constatando sui loro volti una curiosità e una contentezza mal celate. Erano eccitati.
Matt strinse la manina di Yuri con la destra e quella di Soh con la sinistra, e incitando gli altri con gli occhi a seguirlo, si avviò verso l’uscita.
«Matt! Abbi cura di te», gli gridò alle spalle Janet. Il Dottore tacque e salutò soltanto con la mano Miya che agitava quella libera, che non stringeva Sakura.
Non appena scomparvero al di là del cancello, Steve osò parlare: «Non sei preoccupata?»
«Non propriamente. Mi fido di Matt.»
«Speriamo di aver riposto bene questa fiducia.»
Janet prese ad aggiustargli il colletto del camice. Sorrise.
«Sai benissimo che Matt darebbe la vita per loro, perciò stai tranquillo.»
«Più che altro mi preoccupa lui.»
«Fidiamoci. E’ l’unica cosa che possiamo fare» e tirando i bordi del colletto verso il basso, lo baciò.

* * * * *



Il fiume brillava al tramonto. Appoggiato alla balaustra del ponte, Gen contemplava l’ultimo sms ricevuto. Dopo anni e anni che non lo vedeva né sentiva, Matt gli aveva scritto.

“Prendi il primo volo. Ci vediamo all’aeroporto.”

Ovviamente tutti i giorni arrivano sui telefonini di ognuno messaggi di questo stampo. Sai com’è, è facile che ti invitino ad andare dall’altra parte del paese senza esporti alcuna motivazione concreta, consigliandoti di prendere l’aereo nell’immediato. Ovvio direi. Gen fissava lo schermo del cellulare, che non era più nemmeno illuminato, poiché, capitandogli in continuazione di ritrovarselo scarico, aveva impostato che dopo 30 secondi si oscurasse. Usava il telefono frequentemente, perché messaggiava di continuo con Mizo e Chiyuki.
Pi pi pi.
Un nuovo messaggio.
Stavolta era Mizo.

“Matt è ammattito.”

Bastò questo per lasciar comprendere a Gen che anche Mizo, e di conseguenza anche Chiyuki, che ne era la ragazza, avevano ricevuto lo stesso messaggio. Digitò in fretta il suo:

“Mi trovi pienamente d’accordo.”

Troppo tempo era passato. Eppure la capacità di Matt di saperti sorprendere e meravigliare non era mutata. Era stato la prima persona a rivolgergli la parola il primo giorno d’asilo, quando già tutti avevano cominciato a prenderlo in giro per il grasso accumulato, risultato di una madre troppo premurosa e gestrice di una trattoria. Non aveva avuto pregiudizi. Gli aveva teso la mano. Non lo aveva chiamato ciccione o quant’altro si avvicinasse ad un’offesa per una persona in carne. Lo aveva anche ringraziato per avergli mantenuto la borsa, mentre si allacciava le scarpe. Quelle scarpe un po’ rovinate. Le stesse scarpe con cui avrebbe giocato tante partite e con cui avrebbe segnato tanti goal. Quanti ricordi riaffioravano alla mente. Anche ricordi di quel triste giorno in cui, spaventato dalle sue molteplici assenze a scuola, Gen aveva domandato alla maestra il perché non venisse ad occupare il suo banco come sempre. La risposta fu: «E’ in ospedale.»
Pi pi pi.
Mizo.

“Che facciamo?”

Forse la pazzia è una cosa contagiosa. Forse quando si ha per un periodo troppo lungo a che fare con soggetti particolari, si finisce per iniziare ad assomigliargli. “Com’era quel detto?Chi pratica lo zoppo, impara a zoppicare” pensò.
«A…n…d…i…a…m…o…», scandì premendo i vari tasti. “Sanità mentale zero” pensò poi, premendo quello d’invio. «In che guaio ci stiamo per cacciare…» Sospirò. Il desiderio di ritrovarsi di nuovo in quattro, quel bel gruppetto che si era formato alle elementari, prevalse. L’elemento aggiunto alla combriccola, quella dolce ragazza che tormentava tanto il suo biondo amico, anche lei desiderava vedere. Chissà cosa avrebbe trovato ad aspettarlo all’aeroporto.
Pi pi pi.

“Prendiamo il treno tra mezz’ora. Riesci ad arrivare in due ore all’aeroporto?Noi ci fermeremo nella stazione di fianco.”

“Sarò lì” inviò. “In un modo o nell’altro ce la farò ad arrivare” concluse poi nella sua mente.

* * * * *



«Matt vai più piano, non riusciamo a starti dietro.»
«Non possiamo perdere tempo!»
«Ma dove stiamo andando?! Avevi detto che mi avresti spiegato.»
«Ti diranno tutto gli altri, io ho ancora da fare qualcosa.»
«Gli altri chi?»
«Quelli a cui da oggi in poi dovrai dar conto.»
Sakura non capiva. Le era sempre stato difficile stare al suo passo, ma mai come in quel momento pensò che fosse impossibile.
Erano arrivati alla quercia. Riunendosi i bambini intorno, Matt si abbassò sulle ginocchia per porsi alla loro altezza. Dolcemente sorrise e disse: «Da qui si va a WoO. Non abbiate paura e fidatevi delle persone che incontrerete al di là di questo tronco. All’inizio potranno sembrarvi scortesi, ma in fin dei conti sono buone.» Alzò il volto verso Sakura. «Tranquilla. In meno di un attimo sarò di nuovo con voi.» Si alzò. Poggiò le mani sulle sue spalle. La baciò. I bambini si coprirono gli occhi con le manine, lasciando però un piccolo spiraglio fra le dita, per spiare quel sogno che tanto desideravano veder realizzato: Matt e Sakura sposati, loro mamma e papà. Che bellezza sarebbe stato esser loro figli realmente. Che enorme calore trasmetteva quel bacio! Si sentivano bruciare tutto dentro e un impulso ad abbracciarli, a stringere il suo candido vestito e la maglietta di lui, faceva capolino nei loro cuori. Cuori così piccoli, che a volte facevano fatica a contenere e comprimere tutto l’amore che la figura di Matt emanava. Quest’ultimo staccò le labbra da quelle di lei e poi corse via, salutando con la mano mentre si allontanava. Sakura pensò che forse continuare ad illudersi era sbagliato, eppure non poteva fare a meno di pensare di essere riuscita finalmente ad installarsi nel suo cuore.
«Andiamo?» sollecitò, tendendo le sue mani verso il gruppetto di curiosi.
Nel frattempo Matt continuava a correre più veloce che poteva. Doveva raggiungere il porto in fretta e poi l’aeroporto. Durante la corsa gli tornò in mente uno dei ritratti che aveva visionato sullo schermo; ora che ci pensava con più calma, si rese conto che non incontrava quella persona da 11 anni. Da quella mattina in cui l’aveva vista uscire da quella stanza d’ospedale. Come se il tempo in quell’istante si fosse fermato: lei ad oggi aveva ancora 3 anni, come quel giorno. Forse aveva sbagliato nel dire che la conosceva; in fin dei conti non aveva mai raccontato nulla a nessuno di lei. Aveva preferito mantenere il segreto, anche perché non si aspettava di poterla incontrare, anzi di doverla in qualche modo andare a prendere lì, in Cina, dove era stata mandata in affidamento. Pure all’epoca aveva pensato che fosse tutta un’assurdità questo suo trasferimento in un posto di cui nulla sapeva, nemmeno la lingua, e con persone che quello stesso giorno aveva incontrato per la prima volta. Anche allora aveva titubato, ma nonostante ciò si erano scambiati una promessa: una promessa di rivedersi.
La strada ai lati scorreva. Sentiva il suo cuore pulsare ad una velocità incredibile. “Se non mi viene un infarto adesso, probabilmente non mi verrà più” constatò con angoscia, pensando a quante volte aveva rifiutato una partita di pallone con la band o aveva saltato le ore di educazione fisica. A quante volte era stato a casa a riposare per una febbre troppo alta, dovuta al troppo stress. A quante volte, dopo un concerto, dovevano chiamare in fretta l’ambulanza per portarlo in ospedale. Come gli erano familiari quelle mura bianche. Quell’odore di disinfettante. Quel rumore continuo della macchina dell’elettrocardiogramma attaccata al suo petto. Lo girare delle ruote delle barelle che venivano spostate con velocità da mani esperte. Il poggiarsi con pesantezza dei piedi delle stampelle di un disabile per terra. Il respiro affannato del compagno di stanza. Per sua scelta questo calvario non finiva. Per sua scelta preferiva tenere attaccata ad un filo la sua vita, per preservare un legame, che quella stessa mattina si era rivelato essere tutt’altro che forte. Forte doveva essere lui per sopportare tutto.
Era riuscito a raggiungere la porta del vecchio teatro. Entrò, corse per le scale, per il corridoio e poi aprì la porta che dava sulla platea. I suoi occhi ebbero solo il tempo di mettere a fuoco il numero dei membri della sua band e la sua bocca ebbe solo il tempo di pronunciare : «Meno male che ci siete tutti!», che la stanza iniziò a vorticare. E poi fu buio.

Che soffitto strano. Sono travi di legno quelle. Come pulsa la testa. E il battito com’è accelerato. Cos’è questo profumo?Sa di acqua di colonia. E’ Jeremy. Sentiva le sue dita affusolate stringergli la mano. Aprì le palpebre. Vide il suo viso: era preoccupato. Quante volte l’aveva vista quell’espressione?Non era la stessa che spesso aveva suo padre?Non era anche quella di Janet, del Dottore, di Sakura, degli altri membri della band, di tutti quelli che gli volevano bene? Che lo amavano. Faceva di tutto per non farli preoccupare. Si lacerava l’anima, trattenendo qualsiasi sentimento di tristezza, di sconforto, qualsiasi richiesta di attenzione, di cura, qualsiasi pensiero contorto che ambiva ad un chiarimento o bisogno che vuole esser soddisfatto. Tutti i suoi sforzi il suo corpo cominciava a non reggerli più.
«Che è successo?» chiese, provando ad alzarsi, ma sentiva il cranio spaccarsi metà e metà e riappoggiò la testa sui cuscini polverosi del divanetto dietro le quinte.
«Sei svenuto» gli rispose Jeremy. Gli stava accarezzando i capelli. Che piacevole sensazione sentire le sue dita attorcigliarcisi dentro.
«Non dobbiamo perdere tempo…dobbiamo andare…»
«Andare dove?!» chiese Jake. «E’ da un’ora che ripeti nella veglia che dobbiamo andare, che non c’è tempo…che significa?»
«Jake smettila, non è il momento di bombardarlo di domande» asserì Julian, in ansia per le condizioni dell’amico.
«C’è un mondo. Esiste un mondo in un universo parallel…»
«Oddio, questo delira!» esclamò Joerge al limite della pazienza. Era stanco di dover tollerare questi attacchi di schizofrenia improvvisi.
«Non sto vaneggiando! Ascoltatemi e…credetemi fin quanto vi è possibile. WoO esiste. E vi sembrerà strano ma WoO vi conosce, anche se a voi risulta non averlo mai incontrato. WoO ha bisogno di voi. Vi prego, credetemi. Non è una sciocchezza…»
«Vieni qua.» Jeremy lo prese in braccio: leggero più di una donna. «Guidaci.»
«Jemy!!!!» gridarono il suo nome sconcertati Jake e Jeorge.
«Voglio provare anch’io.»
«Jody!!! Ok che non avevo dubbi tu avessi accettato» commentò il fidanzato, dichiarandola senza speranze.
«Sono d’accordo pur’io. Proviamo.»
«Julian…e va bene…proviamo» acconsentì depresso Jake. Jeorge, messo ormai in minoranza, fu costretto ad accettare.
«Per le prove del concerto come facciamo?» domandò speranzoso di veder riaffiorare un po’ di buon senso.
«Ci penseremo poi» spense Jeremy lì la conversazione e si avviò all’uscita. Soffiando poi fra i capelli di Matt: «Principessa, verso quale luogo vuole che diriga le mie gambe?» scherzò sorridendo.
«Verso il paradiso, mio principe» rispose, nascondendo la faccia nel petto di lui. Il suo profumo gli inondò il naso. Gli pungeva le vibrisse, accarezzandole. Una sensazione di protezione lo avvolse.
 
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