Senza titolo..., ...ancora nn l'ho scelto! xD

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ilusca
CAT_IMG Posted on 12/11/2008, 12:32     +1   -1




Non ricordavo di averlo pubblicato...ma come all'epoca fu ignorato, credo lo sarà anche adesso. Però non so perché, mi va di riprenderlo. Può essere che così trovo lo stimolo di continuare sta cagata

Matt perdonami ti prego.
Non ti meriti questo.
Dopo tutto quello che fai per me poi

1. Diamante



Mentre cantava, la sua voce suonava strana, diversa dal solito, quasi spezzata…Jeremy lo conosceva troppo bene: quando cantava così, c’era sicuramente qualcosa che non andava. Eppure fino a due secondi prima stava sorridendo e scherzando tranquillamente sul suo nuovo testo: l’ultima frase non gli piaceva e, gracchiandola, sperava che gli venisse un lampo di genio per cambiarla. Ad un certo punto si era arreso e la voce era fuoriuscita lentamente dalle sue morbide labbra rosee, scandendo le parole del brano. Era stata proprio quella voce a far innamorare Jeremy della musica: quando Matt cantava, era come se un profumo di lavanda inondasse la stanza, lasciando i sensi inebriati e sconfitti da quell’odore così forte e quasi nauseante. Quel suono triste e intenso al contempo diveniva come una prigione per la mente di chi lo udiva anche solo una volta: nessuno riusciva a resistere a quel susseguirsi di vibrazioni, che facevano fremere l’anima. Come un uomo che osserva il movimento di un pendolo, che oscilla costantemente di là e di qua e ne rimane ammaliato, così diveniva un’ossessione riallacciare il nastro e riascoltare la musica.
Nel frattempo aveva smesso di cantare. Taceva con quel silenzio che toglie il respiro. Pian piano si avvicinò a Jeremy, assorto nei suoi pensieri, e sfoderando uno dei suoi sorrisi disarmanti, cercò di attirare la sua attenzione.
«Hey Jemy! Domani inizio la terapia. Il dottore mi aveva raccomandato di non spiccicare una nota oggi, ma…ih ih ih…dovevo pur finirla la canzone, no?», disse Matt allegramente e con una tale noncuranza da far irritare il compagno.
«Sei il solito strafottente! Ma è mai possibile che non ti importi proprio la tua salute? Vuoi morire forse?». Quella domanda cadde nel vuoto, come accadeva ogni volta che gliela si poneva. Purtroppo sempre più spesso qualcuno gli rivolgeva questo fatidico quesito e lui come al solito rispondeva:
«Può essere! Ho un progetto in mente! Finché non lo realizzo, puoi stare certo che non morirò!».
Iniziò a vorticare su se stesso, canticchiando la la la.
«Quanto manca?».
«Abbastanza!». Lasciava sempre a metà i suoi discorsi, col fiato sospeso il suo interlocutore, l’aria intorno sembrava essa stessa sospesa. Non faceva mai trapelare un indizio da quelle sue frasi, buttate lì tra la certezza delle parole pronunciate e il dubbio che provocava in chi lo ascoltava. Matt era così: un mistero!
«Beh, allora avvertimi quando sta per accadere…Ci terrei ad essere preparato quel giorno…».
«Ok!» e gingillandosi in un grande “trentadue denti”, si avviò verso la custodia della chitarra. La Yamaguchi era uno strumento magnifico: produceva un suono troppo naturale per essere una chitarra elettrica, e proprio le melodie leggere e delicate che ne fuoriuscivano, la rendevano la migliore sul mercato. La sua fattura, così precisa e così omogenea, dava un senso di completezza a chi la guardava e accostata alle braccia di Matt, raggiungeva la perfezione assoluta. La bellezza della chitarra si adagiava divinamente a quella del ragazzo: una bellezza tale da fermare il tempo al suo ingresso, irradiando luce da ogni fibra dell’essere…come se un angelo, aprendo la porta su una stanza buia, la illumini dei suoi raggi sacri.
Sì, Matt era bello proprio come un angelo! L’oro dei suoi biondi capelli risaltava sul pallore albino del suo viso, che si addiceva magicamente a quei suoi 55 chili di peso. Peggio di una ragazza assillata davanti allo specchio, che guarda con occhi sgranati quei due grammi di troppo, Matt rifiutava sempre con decisione di mangiare, per mantenere quella sua assurda linea e, ogni qual volta tentavi di forzarlo o comunque capitava che mangiasse (ovvio dato che doveva nonostante tutto nutrirsi!), correva in bagno a rigettare anche l’anima! Il dottore lo definiva anoressico, ma le persone che lo hanno conosciuto più nell’intimo, sapevano che quello era un modo come un altro di manifestare il suo malessere e l’agitazione interiore che viveva quotidianamente. Cercava di nascondere la sua esilità vestendo pantaloni larghi e maglie di qualche taglia in più della sua, cosicché chiunque lo avesse fissato, avrebbe visto un ragazzo normale.
Ma lui non lo era affatto e, forse, non lo era mai stato! E ciò si notava soprattutto da quella serie di buchi che si era fatto fare, tappati da piercing e orecchini di vario genere, e da quella miriade di tatuaggi, che aveva sparsi per tutto il corpo. Sembravano i graffiti di una vita passata a vendere l’anima al diavolo. Un’aquila con le ali spalancate al centro della schiena, su una spalla un cuore trafitto da una spada e sull’altra una croce, di quelle che usano gli allevatori per marchiare le vacche; un drago attorno al braccio destro e un serpente attorno al sinistro, una tigre che saltava sotto l’orecchio e una rosa blu vicino alla caviglia…Ma tra tutti quei “disegni”, ce n’era uno, solo uno che veramente attirava lo sguardo: un lupo che ululava ad un diamante di luna piena sul fianco destro…Quando durante un concerto capitava che si togliesse la maglietta, dalla folla si sentiva alzare sempre un grosso “Oh” di meraviglia:
«Oh, guardate! Il diamante risplende alla luce della luna…».
Vero! Matt amava fare i concerti all’aperto, e la luna illuminava la sua persona, come se qualcuno da lassù volesse inquadrare apposta solo lui! Ma forse c’era una cosa che brillava più di quel diamante, cioè non una ma due, due occhi, intensi, profondi, come l’abisso del mare in tormenta, che al solo guardarli sembri naufrago alla ricerca di una chiave per uscirvi, BLU…blu come le tenebre, come l’oceano, come la notte…BLU!Ma non un blu qualsiasi, un blu…come dire…un blu indescrivibile!In pratica blu e basta!
Nessuno osava guardarlo fisso negli occhi e solo pochi eletti riuscivano a sostenere il suo sguardo. Ma Jeremy, che era uno di quelli, era fermamente convinto che Matt volontariamente non permetteva a nessuno di penetrare nello specchio della sua anima. Forse solo lei poteva, lei a cui dedicava tutte le canzoni che scriveva, lei che aveva in passato incatenato il suo cuore, lei l’unica donna di cui veramente si fosse mai innamorato. Chissà come si chiamava: solo Matt conosceva il suo nome…
Si mise la chitarra in spalla e salutando con la mano, indicò poi a Jeremy che se ne stava andando.
«Matt aspettami! Non te ne andare senza di me! Ti accompagno io a casa».
«No Jemy, non preoccuparti…non sono un bambino! E poi credo che me ne andrò agli studi televisivi da papà, quindi starò bene» lo incalzò Matt sorridendo.
«Ok!Va bene mi arrendo…Vai!E…in bocca al lupo per domani!».
«Crepi!».

* * * * *



Il “virtual-test” stava suonando. C’era un messaggio in segreteria:

“Ciao ragazzi!Sono Julay. Abbiamo di nuovo bisogno di voi. Ma questa sarà l’ultima volta. Abbiamo finalmente capito come fare a donare per sempre la pace al nostro mondo. Vi prego: è richiesta la presenza di tutti. Dobbiamo iniziare un gravoso lavoro di ricerca del “Prediletto”. Al vostro arrivo vi spiegherò meglio. Ciao Julay.”

Kary aveva ascoltato in silenzio il virtual-test di suo fratello recitare il messaggio. Finalmente…finalmente avrebbe rivisto il suo adorato Takeshi…
«Perdonami Renji, ma non riesco a dimenticarlo…».



Edited by ilusca - 3/9/2010, 11:58
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 30/8/2010, 22:07     +1   -1




2. Avviso



Il virtual-test aveva l’aspetto di un piccolo computer portatile. La sua principale funzione era quella del postino: si potrebbe definirlo un centro raccolta messaggi. Ma gli unici messaggi che arrivavano erano quelli di Julay. Tramite un dispositivo altoparlante, una voce robotica recitava al destinatario la posta; senza un minimo di privacy, quel coso cominciava a parlare, in qualsiasi luogo o situazione tu ti trovassi, così all’improvviso. Stava a te decidere se farti prendere per pazzo oppure chiuderti in un gabinetto, aspettando che terminasse, sperando che nessuno passasse di lì per caso! Erano anni che il virtual-test di Daichi non dava segni di vita. Eppure quella mattina si era rianimato come per miracolo.
Mentre Kary tentava di ripassare a mente il messaggio, un urlo spaccatimpani, che aveva il suo nome, annunciò l’arrivo di qualcuno.
«KARYYYYY! Dove diamine sei?» La porta si spalancò, rivelando l’autore di quel baccano. Un ragazzo moro, smilzo, di bella presenza, tutto sudato e con il fiatone: probabilmente aveva corso. Con i fanali color nocciola osservò la cameretta tranquilla, almeno lo era stata prima del suo ingresso. Alla fine si decise a guardare la sorella.
«Ho corso come un forsennato fino a qui. Non ce la faccio nemmeno a parlare!»
«Non si direbbe, dopo quell’urlo.» Kary si alzò e corse a ricevere il bacio sulla fronte dal fratello. «Mi hai messo un po’ paura fratellone. La prossima volta, cerca di entrare con meno irruenza!»
«Perdonami sorellina,» si scusò Daichi, «ma quando ti cerco, non ti trovo mai…»
«Probabilmente non cerchi bene. Comunque sono sempre stata qui, dove mi hai lasciata stamattina. Sai benissimo che non posso stancarmi troppo.» Gli occhi di Kary si spostarono dal fratello alla finestra: distoglieva sempre lo sguardo, quando un argomento non le andava a genio.
«Come ti senti?» chiese Daichi insicuro.
«Bene!» Era una bugia. Anche Daichi se n’era accorto. Alle sette di quella mattina, il sonno aveva abbandonato la sorellina: la febbre era salita e la testa aveva iniziato a farle male. Troppo spesso aveva visto quei sintomi. Si era alzato dal letto e aveva trascinato i piedi in cucina, dove aveva prelevato dalla cassetta del pronto soccorso il termometro. 38 e sette! Da che ne aveva memoria, la temperatura della sorella non era mai scesa sotto al 37. Forse solo quella volta in cui lui l’aveva rinchiusa nella cella frigorifera della scuola, sperando che così le sarebbe passata. Kary era sempre stata di salute cagionevole, ogni piccolo cambiamento nella sua quotidianità equivaleva a febbre alta per una settimana.
«Perché sei qui?» Kary interruppe il flusso di ricordi di Daichi. «Dovresti essere ancora all’allenamento. Forse è successo qualcosa con il Mister?»
«No.» La risposta di Daichi non ammetteva repliche. Mai Kary l’aveva visto così fermo in una risposta. Iniziava a sospettare che anche il fratello non si sentisse bene. «Sono tornato prima per Julay».
Kary fece finta di niente.
«Il tuo virtual-test ha suonato. Meno male che i ragazzi della squadra sono ottusi: hanno pensato che stessi guardando un video sul cellulare! Il mio?Il mio ha parlato?»
«Sì.»
«Ecco. Riprenditi il tuo.» Daichi passò il mini-pc alla sorella. Finalmente Kary poteva stringere di nuovo tra le mani il suo “memoriere”. Aveva l’abitudine infatti di salvare le date, gli avvisi e gli impegni da ricordare. Purtroppo la sua memoria non era delle migliori: tendeva a dimenticare quasi subito le cose importanti.
«Devo avvertire Yuzu.» Daichi aveva ripreso a parlare, ma lei non ci badava più di tanto. Era entrata nella casella messaggi, si apprestava a leggere quella mail che… «Dobbiamo avvisare anche gli altri. Immediatamente. A Renji ci pensi tu?» …Takeshi le aveva inviato dal computer centrale di Julay… «Kary?» …”Ciao Kary?Sono Takeshi…” «Kary?Kary?» …”Spero tu stia bene. In questo momento…”
«KARYYYYY???»
«Daichi ma che ti urli?! Sì ho capito, ci penso io ad avvisare Renji! Fai prima le tue chiamate e quando hai finito dimmelo, così posso chiamare Renji! Forza vai!»
Scene di panico. L’aveva anche rimproverato. Cioè con due parole era riuscita a far passare nel torto lui! Ah le sorelle…! Daichi si avvicinò al mobiletto con il telefono: nell’ultimo cassetto aveva chiuso la sua agendina giallo-blu. Lì erano segnati i numeri di cellulare di tutti il gruppo.
«Speriamo che nessuno di loro l’ha cambiato…»

* * * * *



Gli studi televisivi erano una struttura imponente, di moderna edilizia e ritoccata nei minimi particolari. Suddiviso in cinque grandi piani, collegati tra loro con un ascensore, l’edificio si districava in un labirinto di corridoi, sui quali tante porte si aprivano, conducendo i viaggiatori nei luoghi più strani: dalla giungla di Tarzan, al grattacielo di King Kong, all’oceano del re Tritone, alla riproduzione fedele della collina di Hollywood! Se non si aveva chiara in mente la meta da raggiungere oppure si era sprovvisti di una guida, la certezza di perdersi era dietro l’angolo. Se mai si riusciva ad entrare per la porta giusta, un altro ostacolo si parava dinanzi: tra tutte queste persone, qual è quella che cerco?! Si raccoglieva in quel posto una miriade di gente: cantanti, presentatori, registi, show-girl, attori, giornalisti, artisti di ogni sorta; dai pittori ai ricercatori, che dovevano girare un documentario, da personaggi di spicco alla signora delle pulizie, che desiderava tornare alla quiete domestica il più presto possibile; addetti alle scenografie, addetti al suono, addetti al trucco, addetti al multimediale, addetti a tutto insomma! Ognuno che era lì, doveva fare qualcosa o meglio doveva svolgere un ruolo, il quale variava a seconda di chi rappresentavi in quel gran trambusto di persone e personaggi.
Quattro le figure di spicco. Il direttore, che non usciva mai dal suo studio, da lì controllava il lavoro di tutti e manovrava come un esperto burattinaio i movimenti del suo personale; nessuno l’aveva mai incontrato e su di lui giravano leggende per le quali era un supereroe, un angelo caduto dal cielo, il figlio del primo ministro, un nobile ninja, e chi più ne ha più ne metta! Poi c’era la sua segretaria: sportivissima nell’abbigliamento, con una bandana perennemente tra i capelli, per niente truccata e anche un po’ sguaiata nel linguaggio, imbranata e smemorata: la sua presenza era nettamente inutile, ma come dicevano tutti, la pecora nera del club delle segretarie teneva il morale del direttore alto e lo incoraggiava, consigliava e aiutava all’occorrenza. All’addetto all’accoglienza questo non piaceva: la segretaria era la sua fidanzata. Altissimo, pelato, con un paio di occhiali da sole incollati sul viso, la sua figura faceva ombra a chiunque gli stesse vicino. Il suo aspetto da yakuza incuteva terrore alle docili persone che si avvicinavano al suo bancone, per ottenere informazioni su dove si trovassero gli oggetti della loro ricerca. Cosa sicura, da lui non si otteneva nessuna notizia e te ne andavi da lì più scioccato di prima. Ma non finiva qui! Appena ti capitava di incrociarla per i corridoi, tutti i guai possibili e immaginabili ti capitavano, uno dietro l’altro. Per un periodo si diceva che l’addetta al funzionamento del sistema elettrico degli studi portasse iella. Appariscente, lunatica, le piaceva vagare per i corridoi a disperdere la gente, sembrava una lampadina ad intermittenza. Purtroppo però senza elettricità andava tutto in tilt in quel luogo, quindi un’esperta del settore come lei, era più che necessaria.
Il direttore, la segretaria, l’addetto all’accoglienza e l’addetta all’elettricità, erano i Quattro Grandi degli Studi Televisivi, nonché grandi amici. Matt lo sapeva bene, infatti non si meravigliò di trovare sull’entrata l’omone dell’accoglienza ad attenderlo. Aveva avuto il buon senso di avvisare il padre del suo arrivo, la prossima volta si sarebbe presentato zitto e muto!
«Ciao King», salutò Matt, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi per ingraziarselo. A quell’ora non c’era bisogno di urlare per farsi sentire: di sera tardi gli studi si spopolavano e il silenzio la faceva da padrone.
«Matt. Cosa ci fai qui?» L’aria intorno si gelò all’istante. «Tuo padre sta lavorando. Se sei venuto per fare casino, ti conviene smammare». Il tono di King non ammetteva repliche.
«Ok. D’accordo, King. Ho recepito l’antifona, vado a casa. Però promettimi che riferirai a papà questo messaggio: digli che domani inizio la terapia.»
«Certo. C’è altro?»
«No» e fece per allontanarsi. King già stava tirando un sospiro di sollievo, quando Matt si girò e disse:
«Dimenticavo! Salutami Chiko e Layla! Notte King» e si avviò verso il parcheggio.
«Per quanto ancora hai intenzione di portare avanti questa farsa, Jack?»
Da una porticina laterale, forse lo sgabuzzino delle scope, sbucò un ragazzo giovane, biondo, molto affascinante: assomigliava abbastanza a quello che se n’era appena andato.
«Ancora per un po’», rispose Jack titubante. «Grazie King e…scusa se ti tocca interpretare sempre la parte del cattivo».
Era sinceramente dispiaciuto, perciò King lasciò correre per quella sera:
«Cerca di non farlo ripetere mai più, intesi?» e guardandolo più attentamente, gli pose la domanda che più gli premeva:
«Non sei preoccupato? Intendo…per domani.»
«Poco…mi fido di lui.»


Edited by ilusca - 3/9/2010, 11:57
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 31/8/2010, 21:21     +1   -1




Il continuo del 2° capitolo...

Il tragitto studi televisivi – casa era breve. Tutto intorno al perimetro del grande parcheggio annesso all’edificio, vi era un complesso di quattro palazzi. Matt abitava nel condominio ad est. Spesso si divertiva a raggiungere il suo appartamento attraverso il parcheggio; gli piaceva giocare a “Indovina la scuderia!”: di ogni auto doveva individuare la marca, prima di riuscire a leggerla sul retro! Un gioco assurdo, ma per passare il tempo questo ed altro. Quella sera per di più non ne aveva sbagliata una. Appagato dalla sua piccola rivincita sulla volta precedente, decise di concedersi un’altra pazzia quella sera: voleva raggiungere la finestra del suo domicilio, passando per la scala antincendio. Matt adorava questo genere di follie. Davano il giusto brivido alla monotonia della sua vita. Diciamoci la verità, non che la sua vita fosse monotona, eh? Era un cantante affermato, aveva successo con le donne, frequentava i luoghi più in del momento, andava persino bene a scuola: di certo non poteva lamentarsi. Eppure, nonostante tutto, per lui la sua vita era avulsa dalle spericolatezze tipiche dei giovani.
Era arrivato. Sul terrazzino del nono piano si affacciava la finestra difettosa. Gli sarebbe bastato solo forzarla un po’ e casa Kudo sarebbe stata alla sua mercè. Ma non contento della sua duplice vittoria, decise che per perdere un altro po’ di tempo si sarebbe fumato una bella sigaretta. Mentre il fumo aleggiava intorno a lui, dissipandosi in nuvolette dirette veloci verso il cielo, pensava all’indomani, alla terapia che avrebbe iniziato. Scrollando il capo, decise di allontanare quel brutto pensiero. Distolta la mente, si ricordò di quando suo padre e lui non avevano parlato per un mese intero. Stava accadendo lo stesso adesso e Matt non ne comprendeva il motivo. Eppure era stato sincero, a parte forse quando gli aveva tenuto nascosto che la sua malattia peggiorava con il passare del tempo. Però dai, c’è bisogno di portare il broncio per due settimane ed oltre? Matt proprio non capiva, non arrivava a comprendere che quella del padre era una punizione per averlo fatto preoccupare più del dovuto, oscurandogli la verità.
«Basta!» Il grido della sua mente, stanca di tutti quei rimugini e di due notti insonni, uscì dalla sua bocca spontaneo. Si alzò, buttò la sigaretta a terra, la calpestò per spegnerla, e poi si apprestò ad aprire la finestrella. Fatto! Era entrato.
«Ahi!» Nella contemplazione suprema della sua genialità, aveva urtato contro qualcosa di duro e alto: l’armadio! Con la testa dolorante e il naso gonfio, iniziò a tastare il muro, alla ricerca disperata dell’interruttore della luce. Click. Finalmente vedeva. Il mobile contro il quale si era scontrato era il suo atelier, pieno solo di vestiti neri, grigi e a tinte scure. Matt prediligeva i colori freddi, perché si intonavano meglio alla sua carnagione chiarissima. In fondo alla sua cameretta c’era il letto a castello; fin da piccolo aveva dormito in alto, ormai ci si era abituato, e se mai si fosse trovato un giorno costretto a dormire sotto, probabilmente non avrebbe chiuso occhio. D’altronde se l’era fatto comprare apposta. Di fronte al letto vi era la scrivania, con tutto un disordine di libri, fumetti, disegni vari, e oggetti di cancelleria. Accanto al suo PC, sotto a una moltitudine di pentagrammi e testi di canzoni, la spia rossa segnalava un messaggio nella casella vocale. Come aveva fatto a non accorgersene subito? Corse verso il telefono, incrociando le dita che fosse il padre. Ma la voce che uscì dall’apparecchio non era la sua:

“Ciao fratellone…” iniziò timidamente il mittente, “So benissimo di non avere nessun diritto di chiamarti a quest’ora, dopo che il telefono è stato in silenzio per tutto questo tempo. Però non ho potuto fare a meno di avvisarti. Kary e Daichi sono stati contattati da Julay: ci vuole domani tutti da lui. Lo so lo so…Kary ed io ci siamo lasciati litigando l’ultima volta, quindi forse non dovrei fidarmi di lei. Ma come posso credere che menta su una cosa del genere? Uffi…so cosa stai pensando, che sono uno scemo! Caspita, però, è Kary! Sono rimasto con due occhi sgranati così! Comunque ora ti lascio, il tempo a mia disposizione è scaduto. Pensaci Matt.
Ah…Buon compleanno! Tuo Takeshi.”

Buon compleanno? Ma perché oggi era il 10 luglio? Oddio sì…era proprio il giorno del suo compleanno. Se n’era completamente dimenticato, forse perché aveva il vizio di non festeggiarlo mai: per lui quella data era solo sinonimo di brutti ricordi. Però che strano, nessuno se n’era ricordato. Jeremy, King, la band, il dottore…papà…nessuno si era ricordato di fargli gli auguri. Contava così poco l’anniversario della sua nascita? La rabbia iniziò a salire rapida, ma come era solito, in quei momenti cercava il più possibile di ricacciarla giù. Non poteva permettersi di vacillare, non lui. La persona su cui tutti contavano. No non poteva lamentarsi, aveva una reputazione da mantenere. Ed ecco che iniziava a pensare di essere ridicolo. Ma quale reputazione e reputazione! Aveva solo paura, paura che la gente pensasse male di lui, paura che la gente lo ricacciasse, non lo stimasse più. Perché il giudizio degli altri contasse così tanto, non lo sapeva. Conosceva se stesso, però, e questa cosa gli dava fastidio.
Finalmente la sua mente ritornò al messaggio, alla prima parte del messaggio: si era concentrato per troppo tempo solo sull’ultimo rigo. Dopo tutti questi anni, l’eco dell’altro mondo era tornato a bussare alle loro orecchie, con una nuova richiesta d’aiuto, una nuova missione. Questa volta qual era il motivo? Forse non avrebbe accettato. Ma l’idea di rivedere Kid faceva capolino nella sua mente, cercando di farsi spazio tra tutta quella marea di scuse e giustificazioni, per mascherare la sua assenza. Avrebbe ceduto? No! Troppi scontri c’erano stati, troppe battaglie non combattute insieme; Matt non si sentiva più parte di quel gruppo, non dopo le accuse e le parole offensive che gli erano state rivolte l’ultimo giorno. Però lì c’era Kid, il suo grande amico, uno dei pochi “esseri viventi” che comprendesse la sua situazione e il suo dolore. Anche se la compassione a Matt non piaceva affatto! Si era riscoperto a riflettere sulle motivazioni sbagliate. La prima ragione per la quale avrebbe dovuto accettare, era la salvezza dell’altro mondo. Non si può pretendere di essere compresi, di essere sostenuti, se i primi a rifiutare il soccorso siamo noi. Questo Matt lo sapeva bene e perciò avrebbe dato a Takeshi risposta affermativa.
Che dolce il fratello! Si era ricordato del suo compleanno, ma soprattutto aveva avuto il pensiero di metterlo a conoscenza, cosa che nella mente degli altri non era per niente balenata.
“Domani lo chiamo. Ora sono troppo stanco per affrontare una conversazione. Scusa fratellino…” pensò fra sé.
Il letto era lì, pronto ad accoglierlo nella sua morbidezza, ad avvolgerlo con le sue lenzuola. Matt prese il cuscino, il suo peluche Kotaro, un bambino dal faccione enorme e con un corpo da dimensioni molto minute in confronto al viso, e si avviò verso la scala. Una volta salito, si accoccolò e si lasciò andare fra le cullanti braccia di Morfeo.
Erano le tre, quando tutto quello che il giorno prima aveva solo assaggiato, lo costrinse a correre in bagno. Si sbatté la porta alle spalle e corse verso la tazza, come una donna in preda alle nausee. Vomitò tutto. Era stato nervoso per l’intero giorno e questo aveva incoraggiato il suo corpo ad espellere gli alieni fuori dalla casa-base! Prese il rotolo di carta igienica e ne srotolò un po’, si asciugò il muso e…le vide. Le goccioline di sangue erano lì, piccole, rotonde, rosse, pronte a ricordargli che lui non stava bene! Era malato e niente avrebbe cambiato quella cosa.
«Certo Matt che sei strano forte! Ora ti metti a parlare anche con le gocce di sangue!»
Si avviò verso la cucina, dove prese l’acqua. Aveva il vizio di bere da vicino alla bottiglia, ma tanto da quelle bottiglie beveva solo lui, quindi il problema non sorgeva affatto! E poi mica era contagioso! No la sua malattia era solo sua. Di nessun altro. Solo sua.
Ormai il sonno gli era passato. Accese il televisore e mise il canale degli anime, li adorava e di ognuno di loro ne possedeva il manga. Era un fissato di questo genere! La sua collezione era vastissima, ne aveva per tutti i gusti: quelli per maschi, per ragazze, per uomini di mezza età, per casalinghe disperate, per bambini, per vecchietti, per fanatici; aveva quelli d’amore, d’avventura, di sesso, d’azione, polizieschi, di fantasia, porno, western, splatter, sparatorie varie, vampiri e mostri, ecc. ecc. Tutto merito della Carta d’Oro che gli aveva regalato il padre due anni fa: si era dato alla pazza gioia con le spese, tanto il denaro era l’ultimo dei suoi problemi.
Ora stavano trasmettendo Lamù. Era sempre stata, fin da bambino, il suo sogno proibito. Troppo bella, precisa in ogni sua linea, con le curve tutte al loro posto e con quel completino tigrato mozzafiato. Una donna capace di far svenire anche gli uomini. Di solito sono le donne che svengono. Ricordò che a lei dava fastidio. Ogni volta che la davano in Tv, lei partiva in quarta riempiendolo di botte. Iniziava sempre a frignare e se la prendeva col mondo. Dopo per calmarla, ce ne voleva di tempo. Il tempo per farle capire che era solo un anime, una donna virtuale, che era lei l’unica che lui desiderava, solo lei l’unica che amava e con cui mai avrebbe fatto l’amore.
Spense il televisore e lanciò il telecomando per terra. Questa era la volta buona che l’aveva rotto. Con tutto quello scotch intorno a mantenere fissi i tasti, si capiva subito che era abitudine di Matt gettarlo in aria ogni qual volta la rabbia iniziava a pulsare. Era sempre così. Quando pensava a lei tutto intorno diventava fuoco e fiamme.

La notte trascorse velocemente. Alla fine non era riuscito a chiudere occhio. La prima cosa che fece fu prendere il telefono e digitare il numero di cellulare del fratello. Era troppo rischioso chiamare a casa: avrebbe potuto rispondere la madre. I genitori di Matt erano divorziati, da ben undici anni. I figli però erano ben consapevoli del fatto che entrambi non avevano, nemmeno per un attimo, smesso di amarsi. Questa consapevolezza impediva loro di provare anche solo un minimo di rancore nei confronti della mamma, la quale era colpevole di aver deciso di dire: «Voglio il divorzio!».
Matt non aveva mai ricercato nel corso degli anni un riavvicinamento a Judy: era a conoscenza del suo desiderio di volerlo incontrare, ma la promessa fatta al padre, quando aveva 7 anni, premeva sul suo cuore di figlio, cancellando completamente ogni bramosia d’affetto materno dalla sua mente.
Il telefono squillava. Era libero. Dall’altro lato rispose una voce assonnata:
«Pronto?» chiese Takeshi.
«Ciao fratellino, sono…» Non gli diede nemmeno il tempo di pronunciare il nome, che lo chiamò lui entusiasmante:
«Matt! Fratellone! Ciao…Non sai quanto sono felice di sentirti. Allora come è stato ieri?»
«Ti riferisci al compleanno? Ah…niente di che…il solito.»
«Ma come il solito?Era il tuo diciottesimo compleanno!»
«Sì lo so, ma sembra te lo sia ricordato solo tu.»
«Capisco. Neanche papà?»
«Neanche papà. Anche a lui è passato di testa.»
«E’ risaputo che ha una memoria pessima, però non doveva dimenticarselo!»
«Sì, hai ragione. Ormai comunque non me la prendo più.»
«Eh…be’ allora? Credo abbia un motivo questa telefonata. Di solito non ti azzardi così tanto!»
Matt ci pensò su e poi rispose:
«Vengo!»
«Dove?»
«Vengo con voi a…hai capito dove, scemo! Non prendermi in giro!»
«No ma dai… Non riesco a crederci! Ripetimelo per favore.»
«Vengo!»
«Non ci credo! Non riesco a crederci!», urlò Takeshi nella cornetta. «Ma dici sul serio?»
«Sì fratellino, non sto scherzando». Matt iniziava a spazientirsi. Già si stava ricredendo!
«Evviva! Yaooh! Ti adoro fratellone! Bene allora ci vediamo a Subuya tra un’ora, sotto la statua del primo ministro!»
«Ok!»
«Allora…» A questo punto la voce di Takeshi si affievolì. Il suo respiro lungo e imbarazzato fece comprendere a Matt che quelle parole era difficile pronunciarle. Perciò il maggiore lo precedette:
«Ti voglio bene, Takeshi.»
«An…anch’io fratellone!» balbettò e Matt immaginò stesse sorridendo. Con uno ciao carico di calore, Matt riagganciò. Tra un po’ l’avrebbe riabbracciato. Avrebbe riabbracciato il suo fratellino. Un barlume di speranza fece capolino dietro il malumore. Da quanto tempo aspettava quel sorriso, invisibile agli occhi, ma fin troppo evidente per il suo cuore.


Edited by ilusca - 7/10/2010, 12:46
 
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Lady Khasia
CAT_IMG Posted on 2/9/2010, 11:45     +1   -1




Ho letto il primo capitolo
Scrivi molto bene, in modo scorrevole e non utilizzi parole troppo complicate o "antiche".
Dell'ultima parte del primo capitolo ho capito poco, ma vedo che nel secondo riprendi da lì, quindi non dovrei avere problemi :asd:

Una curiosità: ma i personaggi della FF sono inventati da te oppure presi da qualche manga? ^^
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 2/9/2010, 12:39     +1   -1




Grazieeee che l'hai letto...sono commossa
Già mi basta questo per essere felice!

Comunque ora ti spiego. Sono i nomi...quelli sono simili o ripresi dai manga, ma i personaggi sono completamente creati da me. Per esempio, Matt si chiama così perché il mio personaggio in assoluto preferito è Matt dei Digimon. Però se continuerai a leggere ti renderai conto che di suo ha solo il nome :lool: Poi...gli altri sono sfumature sempre di nomi presi dai Digimon, ma ho intenzione di cambiarne qualcuno. Nel prossimo capitolo specificherò i cambiamenti ^^
In ogni caso non vi meravigliate se trovate nomi simili a personaggi di manga, d'altronde è una mistura di nomi giapponesi e inglesi, quelli che più mi piacciono, e quelli giappo posso prenderli solo da lì :asd:
Come ho detto su, però, i personaggi sono completamente miei, come le situazioni create, non mi sono ispirata a nulla ^^

Grazie per il complimento! Per il lessico, credo di non usare parole troppo complicate anche perché non ne conosco molte e poi voglio rivolgermi ad un pubblico di ragazzi, che alla fine ha un vocabolario molto ristretto! Sono contenta che lo apprezzi :imba:
Per l'ultima parte del primo capitolo, il secondo spiega qualcosina, ma per ulteriori chiarimenti dovrai aspettare il 3° :asd:
SPOILER (click to view)
Devo crearla o no un po' di suspance? :sese:


PS= non è proprio una FF :gratt: in realtà è una sottospecie di libro :lool:
 
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Lady Khasia
CAT_IMG Posted on 2/9/2010, 12:59     +1   -1




CITAZIONE (ilusca @ 2/9/2010, 13:39)
Grazieeee che l'hai letto...sono commossa
Già mi basta questo per essere felice!

Ma figurati, è un piacere ^^
L'unica cosa è che, non avendo molto tempo a disposizione, magari il secondo o terzo capitolo lo leggerò tra qualche giorno...

CITAZIONE (ilusca @ 2/9/2010, 13:39)
Comunque ora ti spiego. Sono i nomi...quelli sono simili o ripresi dai manga, ma i personaggi sono completamente creati da me. Per esempio, Matt si chiama così perché il mio personaggio in assoluto preferito è Matt dei Digimon. Però se continuerai a leggere ti renderai conto che di suo ha solo il nome :lool: Poi...gli altri sono sfumature sempre di nomi presi dai Digimon, ma ho intenzione di cambiarne qualcuno. Nel prossimo capitolo specificherò i cambiamenti ^^
In ogni caso non vi meravigliate se trovate nomi simili a personaggi di manga, d'altronde è una mistura di nomi giapponesi e inglesi, quelli che più mi piacciono, e quelli giappo posso prenderli solo da lì :asd:
Come ho detto su, però, i personaggi sono completamente miei, come le situazioni create, non mi sono ispirata a nulla ^^

Ah, okk. Ecco spiegate le tue frasi "strane" su Matt prima di postare il Capitolo 1 :asd:

CITAZIONE (ilusca @ 2/9/2010, 13:39)
Grazie per il complimento! Per il lessico, credo di non usare parole troppo complicate anche perché non ne conosco molte e poi voglio rivolgermi ad un pubblico di ragazzi, che alla fine ha un vocabolario molto ristretto! Sono contenta che lo apprezzi :imba:
Per l'ultima parte del primo capitolo, il secondo spiega qualcosina, ma per ulteriori chiarimenti dovrai aspettare il 3° :asd:
SPOILER (click to view)
Devo crearla o no un po' di suspance? :sese:


PS= non è proprio una FF :gratt: in realtà è una sottospecie di libro :lool:

Sai cosa, in alcune storie che ho letto, le persone inserivano a forza termini "antichi" (non mi viene altro per descriverli xD) solo per far vedere che loro erano colte, conoscevano parole che nessuno usava più, ecc... Solo che, facendo così, la lettura non era scorrevole e la scrittura sembrava molto forzata (e lo era, infatti).
Per questo che mi piace come scrivi, molto scialla :mki:
La suspence ci vuole sempre, hai ragione :uhuh:

"Sottospecie di libro"? Okk :lool:

Ps: Mi sono salvata il secondo capitolo, così appena riesco me lo leggo con calma ^^
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 2/9/2010, 13:27     +1   -1




CITAZIONE (Lady Khasia @ 2/9/2010, 13:59)
Ma figurati, è un piacere ^^
L'unica cosa è che, non avendo molto tempo a disposizione, magari il secondo o terzo capitolo lo leggerò tra qualche giorno...

Non ti preoccupare, tanto anch'io sono lenta a scrivere, quindi non c'è problema! ti ripeto grazie infinite per l'attenzione
CITAZIONE (Lady Khasia @ 2/9/2010, 13:59)
Ah, okk. Ecco spiegate le tue frasi "strane" su Matt prima di postare il Capitolo 1 :asd:

No, quelle sono riferite ad altro :asd: Ma volendo possiamo associarle anche a questo :lool:
In pratica, quando iniziai a guardare i Digimon, mi innamorai di Matt, tant'è che lui divenne il mio amico immaginario. Tutt'oggi (forse sono pazza!) sono convinta che lui esista e...questa è la sua storia. Una storia inventata da me, per fa sì che lui abbia un passato, per farlo sentire vivo, tanto quanto lo sono io...
Sono stupida lo so .__.
CITAZIONE (Lady Khasia @ 2/9/2010, 13:59)
Sai cosa, in alcune storie che ho letto, le persone inserivano a forza termini "antichi" (non mi viene altro per descriverli xD) solo per far vedere che loro erano colte, conoscevano parole che nessuno usava più, ecc... Solo che, facendo così, la lettura non era scorrevole e la scrittura sembrava molto forzata (e lo era, infatti).
Per questo che mi piace come scrivi, molto scialla :mki:
La suspence ci vuole sempre, hai ragione :uhuh:

"Sottospecie di libro"? Okk :lool:

Ps: Mi sono salvata il secondo capitolo, così appena riesco me lo leggo con calma ^^

Ho letto anch'io cose del genere e la penso perfettamente come a te!Io alla fine se scrivo, non è di certo per mettermi in mostra, ma per raccontare una storia. Se lo so far bene, ben venga, se invece col tempo si rivelerà la mia impacciataggine nello scrivere, allora chiedo scusa in anticipo :imba:
Per la "sottospecie di libro" è perché non so come definirlo :lool: la storia nella mia testa è lunga e quindi non posso definirla racconto, ma lo stesso non è una FF perché le FF sono (o dovrebbero) essere ispirate a un manga. Quindi come definire il tutto? :lool:

Grazie di nuovo per l'attenzione. Davvero ç__ç
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 3/9/2010, 10:57     +1   -1




Pubblico l'inizio del 3° :sasa: è bello lungo, quindi preferisco spezzettarlo!
Ho apportato delle modifiche nei nomi come avevo detto:
Daichi = Tamichi
Renji = Colin
Gli altri sono rimasti uguali :sasa:
Ed ecco a voi il terzo...spero vi piaccia :imba:


3. Incontro



Il Dottore era nel suo studio. Con la cartella clinica del prossimo paziente fra le mani, cercava di organizzarsi la giornata. Chissà: avrebbe trovato un po’ di tempo per fare un salto al cimitero? Il suo tentativo di incastrare gli impegni lavorativi con il privato, fu interrotto da un flebile toc toc. Era diventato bravo a distinguere il suono delle dolci manine sulla porta, e Miya infatti entrò nella stanza, con il muso che quasi toccava terra. Il fatto che Matt stesse male era una gioia per la piccola: veniva raramente in clinica, perciò il tempo da trascorrere insieme si riduceva al periodo di terapie o al malessere di turno del ragazzo.
«Dottore…Miya vuole sapere perché Matt non è ancora arrivato oggi» disse con la sua inconfondibile “terza persona” e con quella vocina cantilenante, che contraddistingue i bambini quando cercano di ottenere qualcosa. Nel caso specifico di Miya, un’informazione.
«Vieni qui piccola», il Dottore la sollevò e se la poggiò sulle gambe. «Non preoccuparti, presto sarà qui. Ne sono certo».
«Sicuro sicuro?»
«Sì, Miya.» le rispose pazientemente. «E se per caso non si presenta, lo andiamo a stanare ovunque sia, ok?» E facendole il solletico con la barba, fece scoppiare a ridere la bambina. «Ora torna di là, tesoro. Sono un po’ impegnato oggi.»
Miya baciò dolcemente lo zigomo del Dottore e uscì, lasciando la porta socchiusa. Com’è difficile interpretare tanti ruoli contemporaneamente: il medico, il padre, l’amico, il fidanzato, il collega… A volte gli capitava di pensare: Chi me lo fa fare?! Ma poi si faceva forza, perché il sorriso di chi aiutava era qualcosa di troppo prezioso e perderlo equivaleva a una discesa continua nell’apatia più assoluta. E’ normale per una persona arrivare ad un punto di rottura: nessuno può reggere all’infinito l’accumulo di polvere di dolore sulle pagine già ingiallite del libri del cuore, nel quale sta scritta la sofferenza passata. Quando poi per sofferenza passata intendiamo perdita d’affetto e familiari, allora è ancora peggio!
Con un sospiro il Dottore sbatté la cartella sulla scrivania e brontolò:
«Ma quando diamine arriva? E’ in ritardo!» Si alzò dalla poltrona girevole che gli stava scomoda; preferiva di gran lunga girare per il reparto, per stare a contatto con i pazienti. Raggiunto il cucinino di Janet, iniziò il suo rapido sfogo con l’infermiera:
«Classico! Non so perché , ma me lo sentivo stamattina che qualcosa sarebbe andato storto! Perché non è qui? Cos’altro ha di così importante, più importante della sua salute, da fare?! Ci terrei tanto a sapere per quale assurdo motivo io devo acchiappare sempre i pazienti più indisciplinati, i casi limite, quelli che preferiscono i letti d’ospedale e le sedie a rotelle, più della vita e dell’aria aperta! Perché perché perché?» La rabbia sfumò in una triste smorfia di dolore. Janet lo accarezzò sul viso e con gentilezza gli sussurrò:
«Dottore non si affanni tanto a capire Matt. Lo sa com’è fatto. Non si preoccupi: se non è venuto, vuol dire che sta bene! Ora vada a riposarsi un po’, ha due occhiaie da fare spavento!» e sorridendo, fece scomparire magicamente tutta l’angoscia del medico. Solo Janet riusciva a compiere questo genere di stregonerie e il Dottor Steve lo sapeva bene.

* * * * *



Il sole non era ancora sorto del tutto, quando il carretto dello zucchero filato alla cannella frenò, come di suo solito, così rumorosamente che anche un ghiro in letargo si sarebbe svegliato. Il guidatore, felice di aver concluso vittoriosamente la sua missione di gallo delle sei del mattino, si meravigliò molto quando vide che qualcuno non aveva aspettato la sua sveglia per alzarsi. Una figura angelica stava appoggiata al muretto di casa Koda. La signora Koda…la conosceva bene, ma chi d’altronde poteva affermare il contrario? Così bella, così brava, sempre sorridente: perfetta! Quell’angelo le assomigliava. Ora che ci rifletteva su, Judy Koda aveva un altro figlio oltre al basketman. Tutto il quartiere di Ribuma lo sapeva. Eh, le voci di corridoio corrono velocemente, di bocca in bocca, sussurrate da labbra sapienti ad orecchie curiose e avide, tanto che all’arrivo di madre e figlio, già tutti erano venuti a conoscenza dell’intera vicenda della famigliola.
Il signor Taeda, tale il nome del venditore, rimirò ancora un po’ il ragazzo fino a che non si accorse del mezzo con il quale era giunto lì: una Honda rosso fiammante, lucidata di tutto punto, sembrava appena uscita dalla concessionaria. Un gioiello della meccanica da far invidia a qualsiasi guidatore di carretti del mondo. La curiosità aumentava passo passo nel mentre che il suo sguardo metteva a fuoco meglio la figura e la moto. Tutto però fu interrotto dall’arrivo del pallacanestraio!
Takeshi scrutò attentamente Matt e prima ancora di rivolgergli il saluto, alzò il dito, lo indicò ed esplose dicendo:
«Sei dimagrito ancora!»
Il maggiore sorrise, lo abbracciò.
«E’ l’unica cosa che sai dirmi dopo tutto il tempo che abbiamo trascorso lontani?»
«Sì.» Lo sguardo del ragazzo era irremovibile: fissava il fratello con occhi inquisitori. Il silenzio piombò tra i due.
«Cavolo. Mi fai sempre preoccupare», proruppe Takeshi con una smorfia.
«Ma che dici fratellino, non ce n’è bisogno. Io sto bene!» Ecco il campanello d’allarme. Quella frase maledetta. “Io sto bene” o “E’ tutto ok” oppure “Sto alla grande” o ancora “Non potrebbe andare meglio”: le affermazioni preferite di Matt. Ogni volta tentava di svicolare la domanda fatidica del “Come stai?”, dando risposte positive al suo indagatore di turno. Ma non era vero. Matt non stava bene. Ma a che pro insistere di fronte ad un sorriso disarmante come il suo?E’ mai possibile che una persona, apparentemente la più felice del mondo, possa covare al suo interno il DNA di un orco?Ma dai, è assurdo. Mi prendi in giro. Ed era così che tutti lasciavano correre.
«Ti aspettavo più tardi. Hai volato per caso?!», chiese Takeshi meravigliato.
«Ti rivelo un segreto.» Gli occhietti vispi e blu di Matt ridacchiavano alla grande, rivelando un piano progettato nei minimi particolari da una mente diabolica e di alto quoziente intellettivo. «Ho rubato la moto di papà.»
«Perdonami…credo di non aver capito.» La faccia del fratellino era sconvolta. «Cosa hai fatto?Ma…MA…Tu non puoi guidarla!Maaaatt.» Takeshi era incavolato, ma anche divertito.
«E secondo te, accettavo di venirti a prendere con la pedivia?Scordatelo!Con sta potenza chiusa in garage, come si fa a rifiutare?»
«E se ci sgamano, scemo?»
«Ma no. Non accadrà!»
«Non capisco come tu faccia ad esserne così certo.»
«Non potrebbero mai arrestare Matt Kudo, il cantante più famoso della galassia, capisci?»
«Ma daiiiiiii», e Takeshi partì col fargli il solletico. Nel frattempo il venditore di zucchero filato, che aveva assistito all’intera scena, aveva la bocca che gli penzolava fino a terra.
«Certo che al giorno d’oggi se ne vedono di cose strane.»
Se il signor Taeda si fosse trovato per sbaglio in un altro luogo, allo stesso orario, sicuramente non avrebbe creduto ai suoi occhi. L’altro incontro era di gran lunga più incredibile di questo.

 
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Lady Khasia
CAT_IMG Posted on 4/9/2010, 11:23     +1   -1




Letto anche il secondo capitolo :mki:

Molto carino, hai introdotto molti più personaggi rispetto al primo capitolo. E la storia si sta delineando. Ah, chiedi al padre di Matt se mi assume a lavorare da lui? :asd:

Devo confidarti che, emh, all'inizio mi ero immaginata Julay come una donna. Invece è un uomo :lool:

E Matt è proprio pazzo ad arrampicarsi ed entrare in casa dalla finestra! Ahah, e si ferma pure per fumare una sigaretta :asd:


CITAZIONE (ilusca @ 2/9/2010, 14:27)
In pratica, quando iniziai a guardare i Digimon, mi innamorai di Matt, tant'è che lui divenne il mio amico immaginario. Tutt'oggi (forse sono pazza!) sono convinta che lui esista e...questa è la sua storia. Una storia inventata da me, per fa sì che lui abbia un passato, per farlo sentire vivo, tanto quanto lo sono io...
Sono stupida lo so .__.

No, non sei stupida. Se lo senti vivo, è vivo.

:mki:
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 4/9/2010, 12:37     +1   -1




CITAZIONE (Lady Khasia @ 4/9/2010, 12:23)
Letto anche il secondo capitolo :mki:

Molto carino, hai introdotto molti più personaggi rispetto al primo capitolo. E la storia si sta delineando. Ah, chiedi al padre di Matt se mi assume a lavorare da lui? :asd:

Devo confidarti che, emh, all'inizio mi ero immaginata Julay come una donna. Invece è un uomo :lool:

E Matt è proprio pazzo ad arrampicarsi ed entrare in casa dalla finestra! Ahah, e si ferma pure per fumare una sigaretta :asd:

Grazie mille :imba: come sempre troppi complimenti >////<
La storia credo che piano piano si farà più chiara...all'inizio è tutto più confuso perché si svolge in più luoghi. Dato che i personaggi sono molti e più o meno hanno tutti la stessa importanza, devo curarli uno per uno, se no s'offendono
Comunque certo che glielo chiedo :lool: A lui fanno sempre comodo nuovi acquisti, dato che il lavoro è sempre troppo!!!

Julay è un uomo, sì, ha un nome strano...gliel'ho cambiato già una volta, ma ora mi piace questo :asd:

Matt è scemo glielo dicono in molti...e cavolo! non dovrebbe fumare :giangi: cattivo :nono:
CITAZIONE (Lady Khasia @ 4/9/2010, 12:23)
No, non sei stupida. Se lo senti vivo, è vivo.

:mki:

Grazie per la comprensione .////////.
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 5/9/2010, 17:06     +1   -1




Il continuo del 3° capitolo...avevo interrotto alL’altro incontro di gran lunga più incredibile di questo.
Spero vi piaccia :imba:

Dato che è lungo, se vi annoia, non leggete...preferisco me lo diciate sinceramente ç__ç

Il vecchio capanno dove si erano sempre incontrati non era per niente cambiato. Sembrava che il tempo non avesse avuto effetto su quella catapecchia, fatta di tegole fuori posto, legna scura ruvida e chiodi con la testa girata, come se un martello avesse battuto sopra con tanta forza per anni, ma poi stanco si fosse fermato, senza prima metterli bene a posto. Ma la realtà era diversa: proprio perché i passi delle lancette a nulla sono indifferenti e tutto colpiscono, avevano reso anni prima quel posto tagliato fuori dal mondo così come lo vedevano loro oggi. Loro che si erano riuniti lì a scherzare e congetturare per anni e poi come i proprietari precedenti l’avevano nuovamente abbandonato, perché inutile. Era tutto finito, così si erano detti. Nessuno più ci chiederà di riflettere. Nessuno più ci chiamerà. Non serviamo più a quel mondo. E a questo siamo troppo sconosciuti per essere ritenuti qualcuno di importante. Siamo di nuovo piccoli. Era così che si erano detti. Anni prima avevano pronunciato la stessa frase per difendersi da un destino troppo crudele, che li voleva ad affrontare battaglie non loro. Adesso era diverso. Adesso avrebbero desiderato di gran lunga di essere lì, piuttosto che in casa al sicuro, perché almeno sarebbero stati insieme. Insieme. Dov’era il gruppo adesso?Cos’è che stavano facendo gli altri?Quando avevano permesso all’orgoglio di separarli?Dove…?Cosa…?Quando…?
Poche righe. Ed era di nuovo cambiato tutto. Poche parole messe una dietro l’altra avevano fatto girare il tempo all’incontrario, riconducendoli di nuovo in quel viale di ciliegi , di fronte a quel capanno, dove la vecchia quercia riposava in quel mare di petali rosa. Sola. Unica. Quell’albero che anni addietro li aveva condotti nell’Altro Mondo. Ma com’è che si chiamava?Non ricordavano. Dovevano preoccuparsi per questo?Ma no, un nome non fa la differenza, l’importante è avere nitido il ricordo. Come si chiami è irrilevante. Stavolta però era tutto mutato. Purtroppo il tempo era trascorso sul serio, trasformandoli in qualcosa che l’altro mondo non avrebbe riconosciuto.
Sulla sediolina al centro del capanno, una figura contorta giaceva. Yuzu già aveva assunto quella posa strana di riflessione che è solo sua, quando Rose arrivò; lo guardò, seduto con la testa poggiata sulle ginocchia, nella tipica postura di uno che sta per vomitarsi in mezzo alle gambe. Pensò bene di scuoterlo ed avvisarlo della sua presenza.
«Un giorno mi dovrai spiegare com’è che si fa a pensare in questo modo!Ma non ti va il sangue alla testa?!» e lo spinse via ridendo, facendolo capitolare a terra.
«Rose!!!»
«Ciao Yu. Non sei cambiato per niente, eh?», gli sorrise la ragazza.
«Scherzi?Il tempo passa per tutti! L’altra volta mi sono trovato in testa anche un capello bian…»
«Ahahahah…non continuare ti prego!Un giorno dovrai spiegarmi anche questo: come fai a farmi ridere, sempre, anche quando sono depressa o ho la luna storta.»
«Forse ti conosco soltanto bene, scemotta. E comunque non ho detto nulla di così divertente.»
Sicuramente qualcuno a questo punto potrà pensare male, ma tra di loro non c’era assolutamente nulla. Erano solo buoni amici. Lui sempre con quella sua zazzera rossa, occhi grigio perlato e uno sguardo dolce, tollerante e acquietante. Yuzu si presentava così alla gente: un tipo normale. E la normalità era ciò che voleva coltivare, sia fuori sia dentro di sé. Attirare l’attenzione invece era tipico di Rose: alta, mingherlina, con un caschetto corto da vero maschiaccio. In realtà una vera bomba di femminilità, così sensibile, così materna, così affettuosa; soltanto preferiva nutrire di sé quella parte più offensiva, cosicché nessuno potesse ferirla o deluderla. C’era stata troppo male da bambina, quando il suo migliore amico l’aveva gentilmente pugnalata alle spalle, rivelando alla madre che il prof. di pallavolo l’aveva molestata. Idiota. Idiota. Idiota. A lei il prof. piaceva lo stesso. Quell’idiota sarebbe pure venuto quel giorno. Tsè!
«Oh, no! Eccolo.», sospirò, alzando gli occhi al cielo.
«Siete già qui?Ciao ragazzi. Yuzu. Rose.» Daichi fece una sottospecie di mezzo inchino e quando assunse di nuovo la posizione eretta evitò con cura di fissare l’ex-amica negli occhi. Tra loro ormai era così: niente sguardi, niente parole, niente di niente. Rose pensava che con l’altro era diverso. L’altro le sorrideva. L’altro la guardava. L’altro la consigliava. L’altro le stava accanto quando il mondo sembrava crollarle addosso. Di quell’altro lei si era innamorata. Ma quello stesso altro non si era più fatto sentire dopo quel giorno. Maledetto anche lui!Bell’amicizia che li legava!Idiota. Idiota. Idiota.
«Rose ti senti bene?Hai il viso così cupo.» Che dolce voce. Che melodia. Non poteva essere che lei, la creatura più delicata che avesse mai conosciuto. Secondo Rose assomigliava ad una scala musicale suonata dal miglior pianista del mondo. Peccato fosse la sorella dell’Idiota Numero Uno.
«Kary!Cavolo quanto sei cresciuta!Sei diventata una signorina ormai!»
«Meno male che tu la pensi così, perché qui di fianco a me c’è qualcuno che non fa altro che preoccuparsi inutilmente.»
«Vuoi litigare ancora, Kary?!» tuonò Renji.
«Ehi ehi, cosa prende a voi due?»
«Rose ti prego non ti immischiare. Io le ho soltanto consigliato di aspettare a casa, piuttosto che venire qua a stancarsi inutilmente. Possiamo fare anche a meno di lei in questa riunione, no?C’era necessità che venisse e rischiasse?Ieri è stata male tutto il giorno.»
«Io faccio parte del gruppo tanto quanto te, STUPIDO!Non hai nessun diritto di tenermi fuori!Troppe volte sono stata zitta e non ho messo bocca nelle vostre decisioni. Sai com’è…i potenti, i signorini, i CAPI non hanno bisogno che la plebe esprima la sua opinione!» disse facendogli il verso. «E vedi dove siamo finiti: allo scatafascio!»
«Ma che cavolo dici?!Fraintendi sempre. E poi, vorresti dare a me la colpa di tutto?!Sono stati loro. Loro. LORO!Ficcatelo bene in testa!Sempre a difendere quel bellimbusto dai capelli cotonati e suo fratello…»
«Takeshi non ha i capelli cotonati e non è un bellimbusto!Cioè…è bello, ma…non è come la intendi tu!». Ma che razza di piega stava prendendo il discorso?Riusciva sempre a tirarlo in ballo, la buttava sempre lì, geloso da far brivido! «Non provarci, Renji!Lo metti sempre in mezzo quando ti fa comodo!Di cos’è che vuoi ancora accusarmi, eh?Tu hai la libertà di vederti con quella e io non ho il diritto di pensare a qualcuno che m’è caro?!»
« Ma…»
«Ooooh, smettetela!!!”Ma” lo dico io!E che diamine!Iniziamo bene. Vi prego di porre fine a questo teatrino assurdo!». Rompendo il silenzio e lo shock, Rose cercò di infilarsi tra i due, che ormai si stavano sputando addosso tutta la rabbia accumulata in quei giorni di lontananza. Kary lo sapeva bene: Renji aveva visto un’altra. Quella vipera di Christine!
«Ecco bravi. Tranquilli.», continuò Rose. Che bell’incipit aveva questo viaggio. «Avete ragione entrambi. Tu, Renji, a preoccuparti e tu, Kary, a voler dire la tua. Però ci tengo a farvi notare che questo non è né il luogo né il momento adatto. Abbiamo altre priorità adesso.»
«Scusali Rose», disse desolato Daichi. «Finiranno a casa questo discorso, vero Renji?Kary?». Li guardò con due occhi infuocati.
Ma Rose a quel punto si chiedeva: dov’era finita la ragazza così delicata che ricordava lei?Kary era cambiata. Molto. Prima stava sempre zitta, sulle sue, acconsentiva a qualunque cosa le venisse chiesta. Takeshi la rimproverava spesso per questo suo modo di fare così accondiscendente, ma da quando non c’era più lui a ricordarglielo, era approdata ad una nuova tipologia comportamentale. Dava a chi le chiedeva il giusto necessario e non sottraeva a lei ciò di cui abbisognava. Utilitarismo?Bah. L’importante era stare bene. Necessaria era la sua salute mentale, oltre che fisica, e stava davvero impazzendo comportandosi a quel modo. A cosa l’era servito in passato dire sì docilmente?A cosa l’era servito tacere?A cosa le sarebbe servito in futuro continuare a quel modo?Finché c’era lui che la spronava ad essere diversa, lei evitava di diventarlo, perché così lui avrebbe continuato ad ammonirla…e questo le piaceva. Nessuno l’aveva mai rimproverata prima di lui. E come biasimare gli altri: avevano compassione. Che schifo sentirsi compatiti. Fare pietà. Eppure lui le aveva insegnato che anche un sentimento così impotente poteva aiutare a sentirsi meglio; quando non vi è alternativa, che qualcuno provi tenerezza è positivo. Almeno esiste un’anima che si riesce a smuovere, anche se non nel senso che si vorrebbe.
Kary aveva accettato quest’atteggiamento da parte dei suoi cari, quand’era bambina; non voleva perderli. Era pure logico che alla sua età desiderasse solo venire amata e nelle condizioni in cui versava, pensasse di non essere degna di tanto affetto e attenzioni, ma capace solo di far soffrire e preoccupare chi le ruotasse intorno. Quindi oggi si era evoluta in una persona menefreghista, irascibile, che non accetta mai di farsi mettere i piedi in testa. Alla faccia della delicatezza!Una piccola strega era diventata. Da quand’è che aveva perso la sua dolcezza?Da quando dannazione?!Le sembrava di non aver sbagliato nulla. Si era messa con Renji come ringraziamento per averla salvata e con il tempo aveva imparato ad amarlo, sebbene al tempo della scelta era innamorata di Takeshi. A quest’ultimo aveva chiarito la situazione, era stata sincera, perché erano comunque amici, e lui bene ha pensato di piantarla su due piedi, arrabbiato e rancoroso. Ma l’errore dov’è?Dove?Desiderava che qualcuno glielo chiarisse quel punto, perché erano anni che ci rifletteva su, ma non comprendeva nulla. L’unica cosa che ricordava era il volto triste di Takeshi dopo le sue parole: “Io scelgo Renji”.
«Va bene. Continuiamo a casa», ribatté proprio il fidanzato sconfitto.
Nel frattempo un’altra coppia stava sopraggiungendo sul luogo dell’incontro. Occhiali, capelli corvini, sguardo da intellettuale: Jonas era l’apoteosi del classico figlio di papà. Proveniva da una ricca famiglia tradizionalista, a tal punto fedele al vecchio codice e alle antiche regole patriarcali, che la madre aveva dovuto abortire tutte le figlie femmine di cui era rimasta incinta, per poter protrarre la secolare usanza di procreare solo figli maschi, tipica dei Kaido. Jonas pensava di essere fortunato ad avere gli attributi sotto; il contrario l’avrebbe visto nell’immondizia.
La ragazza che gli stava di fianco, era molto minuta, semplice, con un visino vispo e carino. Carina, sì, ma non bella, nemmeno attraente. Carina. Sembrava una vera e propria mascotte, un gingillo da tenere a lato per fare bella figura e giocarci quando ci si annoiava. Jonas la trattava con assoluta riverenza, perché sapeva com’era fatta e non voleva umiliarla ulteriormente ricordandole quanto banale fosse. Tanto a lei non importava. Aveva tutto quello che aveva sempre desiderato: un bello e buon partito che le voleva bene. Si accontentava di poco!A che pro addobbarsi per qualcuno che si aveva già conquistati?!Mi ama per quello che sono. Jonas non si rendeva conto di aver dato un’interpretazione di lei troppo libera e personale e di aver toppato alla grande. L’orgoglio, la vanità, l’arroganza, queste erano caratteristiche da poterle attribuire. Stupidi uomini, pensava lei. Si fanno abbindolare con poco: gli offri un bel sorriso, un po’ di comprensione e sesso, ed ecco che ti cadono ai piedi. Che bello aver capito come funziona il mondo. Tanto tutti sfruttano il prossimo. Io sfrutto te, tu sfrutti l’altro, l’altro sfrutta me. E’ tutto uno sfruttare ripetitivo, monotono, continuo. Nessuno si importa davvero di te fin quando non gli servi. Servire a. Essere usati. Avere lo scopo di. Presentarsi all’occorrenza. Verbi semplici da coniugare per qualsiasi essere umano che si rispetti. Perché se non segui la ruota come gira, ti ritrovi catapultato fuori. E lei lì fuori c’era stata. Eccome se c’era stata.
«Mi sembrano loro quelli laggiù.» affermò sorridente. Che falsa. Non gliene fregava molto di loro, a parte forse di Yuzu, il suo migliore amico. Anzi no, un po’ gliene importava, ma ormai le menzogne che aveva raccontato in passato l’avevano interamente avvolta da un senso di colpa opprimente, che le negava la vista di qualsiasi persona o cosa le girasse intorno. Jonas aveva perforato questo senso di colpa, imponendole la sua presenza, che come un campanellino appeso al collo e tintinnante al minimo movimento, le portava alla memoria tutta la scorrettezza che aveva posto nella sua “amicizia” con il gruppo.
«Maeko!Jonas!», li salutò contento Yuzu. Anche gli altri presenti agitarono la mano sorridenti e loro ricambiarono. «Siete abbastanza in ritardo. E’ successo qualcosa?»
«Un piccolo contrattempo», liquidò lì Jonas. Che impiccione, pensò poi.
«Niente di particolare, Yu. Ho soltanto litigato con la mamma stamattina e Jonas ha dovuto aspettarmi», buttò lì Maeko.
«Capisco…Be’ allora io direi di iniziare.» I due non gliela contavano di certo giusta.
«Vuoi farlo senza di me?» Quella vocina sorprese tutti. Era Dicon, il più basso, nonché il più piccolo del gruppo. Ok, di un solo anno, ma quell’anno faceva la differenza.
«Dicon!Hai ragione scusa…ora ci siamo davvero tutti.»
Tutti. No. Tutti proprio no. Mancavano loro due. Forse a Julay sarebbe importato poco in quanti avevano risposto alla sua richiesta. Ecco perché alla fine la riunione iniziò senza di loro. In queste occasioni, quelle in cui si spiega la situazione nella quale si versa e nella quale si danno le direttive sul come muoversi o agire, era Yuzu che prendeva la parola, nonostante il titolo di capo spettasse a Daichi, per decisione presa all’unanimità, e a Jonas quello di supervisore, perché era il più “vecchio”. Yuzu alla fine si intendeva un po’ di tutto, assomigliava ad un’enciclopedia portatile: riusciva a trovare sempre una soluzione ad ogni complicazione.
«Ecco…non so da dove iniziare…Allora. Julay ci ha contattati. Credo che il messaggio sia arrivato a tutti. E se siamo qui, è perché abbiamo scelto di aiutarli di nuovo. Stavolta non sappiamo niente della nostra missione, ecco perché vi chiedo di essere uniti più che mai. Lo so che sarà difficile, perché ognuno di noi è fatto in un modo tutto suo che spesso, quasi sempre, non combacia con il modo d’essere degli altri» e qui si lasciò andare ad una smorfia. «Però non possiamo permettere che l’orgoglio, i fraintendimenti, possano dividerci di nuovo oppure ne usciremmo decimati. Cioè…già lo siamo.»
«Mi ripeterò: è tutta colpa loro. Esclusivamente loro. E della loro coda di paglia», ribatté lì Renji.
«Tu non te la saresti presa se qualcuno avesse definito gentilmente tua madre puttana?» controbatté Kary. Non le andava giù che Renji si gonfiasse come un pallone aerostatico di fronte a tutti.
«Tu sempre a venirmi contro, eh?Ma siamo sicuri di essere fidanzati?!A volte ne dubito.»
«Per piacere non ricominciate con la solita solfa», li apostrofò Daichi.
«Stranamente ti do ragione, Dai», confermò Rose. «Ragazzi, non siamo venuti qui per litigare, né per fare una carrellata di tutti i nostri errori passati. Quest’occasione che c’è stata offerta, dobbiamo prenderla a due mani e farne tesoro. E’ arrivato il momento di essere uniti sul serio, ma non tanto per noi, quanto per loro, perché è per gli Others che siamo qui.»
«Giusto Rose» annuì Daichi. Anche Yuzu e Kary fecero un segno d’assenso. Jonas invece sembrava non smuoversi di un millimetro.
«Allora, cosa proponi di fare Rose?» gettò lì come un sasso lanciato in un lago calmissimo.
«Be’…Io propongo di andare direttamente da Julay. Se non ci dirigeremo dritto al punto della questione, non ne verremo mai a capo.»
Un “Sono d’accordo” di massa si elevò dal gruppetto. Era ora di voltare le spalle al passato e ricominciare da capo. Ma si può realmente ripartire da zero?Quando una persona sceglie che quella strada è la via giusta, difficilmente dopo si convince di averne intrapresa una sbagliata, finché non sbatte violentemente il naso contro il muro. Azzerare tutto. Il passato però resta sempre lì, come una microscopica spia sul cruscotto della tua mente, che ti indica che la benzina sta finendo. Ricaricati. Ricaricati di ricordi, quelli sono il tuo presente, senza non avresti senso. Allora perché ci tieni così tanto a cancellare la vita vissuta e a riscrivere tutto da capo?Se senza di lei non puoi essere qui, che senso ha dire: ricomincio da capo?
Zero. Nulla. Non si può scrivere sul nero, a meno che non si possegga un pennarello bianco, che al suo passaggio schiarisca qualsiasi macchia scura del tempo. Ma dov’è che si comprano i “pennarelli bianchi”?In cartoleria come i normali colori?Oppure hanno un negozio specifico dove possono essere acquistati?Che domanda assurda: se esistono, è logico che esista anche il luogo nel quale si possano comprare. Eppure non tutti li posseggono. Eppure tutti vogliono ricominciare da capo. Eppure tutti vogliono cancellare il passato e mettere fine a ciò che c’è stato per dare inizio a ciò che sarà. E quindi nessuno comprende realmente il significato di un ricordo. E quindi nessuno vive appieno la sua vita. E quindi nessuno è in pace con se stesso.
Se ad ogni errore si vuole voltare pagina e riprendere a scrivere dall’angolino in alto a sinistra fino all’angolino in basso a destra, cosa ne sarà dunque delle pagine precedenti?Saranno strappate un giorno?Oppure perché è troppo scomodo stracciarle e sintomo di mancanza di stile, si lasciano lì accumulate, ma senza il ben che minimo segno di nota, cosicché col tempo ci si possa dimenticare della loro esistenza? Della loro essenza. Di ciò che c’è scritto. Di ciò che non si ha avuto il coraggio di scrivere. Di ciò che con uno scarabocchio è stato eliminato. Di ciò che si è sottolineato in quell’istante, ma che ad oggi non è più importante.
Che senso ha tutto questo?Che senso ha dire: ricomincio da capo?
Dopo l’assenso globale, raggiunsero tutti insieme la vecchia quercia, ognuno con la sua andatura: chi caracollante, chi sottomessa, chi altezzosa, chi tranquilla. Ognuno di loro era diverso, ognuno era unico nella sua particolarità, ma insieme agli altri facevano tutti un unicum. Era questo ciò che non avrebbero dovuto dimenticare, ciò su cui non avrebbero dovuto passare il pennarello bianco. Non ricordare di avere avuto vita come gruppo, voleva significare non avere futuro insieme. Era da lì che dovevano ripartire. Non da capo. Non da zero. Non dal bianco da riscrivere. Ma da un avvenimento che accadendo aveva cosparso di senso le loro vite.
Potevano ora essere qualcuno anche fuori da quel mondo. Finché c’era l’altro, avevano un senso. Ecco cosa dovevano riscoprire. L’altro. Gli altri. The Others.
 
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Lal Mirch'
CAT_IMG Posted on 7/9/2010, 22:33     +1   -1




Finalemente sono riuscita a leggerlo tutto! :mki:

La storia mi piace assai, continua così...
Devo dire che il personaggio di Matt assomiglia in maniera impressionante (sia come aspeto fisico che caratteriale) ad Eddy di ''Beck'' :asd:
SPOILER (click to view)
Anche per questo mi piace molto come personaggio!!! *w*


Mi è piaciuta in modo particolare la seconda parte del terzo capitolo... e la fine... :mki:
Quanti pensieri profondi!

Ti dò un piccolo consiglio ,se mi vorrai ascoltare! XD
Secondo me faresti meglio a dividere i capitoli in parti piùcorte, così che ogni paragrafo abbia un suo post: sono veramente lunghi, e un po' ti cala l'attenzione (magari se si sta anche facendo altro al pc), aumenteresti la suspence, e in più spartendo i post nell'arco di più tempo, riuscirai a scriverne il seguito senza problemi e magari in modo regolare...
:omg: Quanto ho scritto!!! :lool:

Un'ultima cosa: Mi potresti fare un piccolo schemino delle relazioni? Con tutti i personaggi presenti e il loro passato ancora piuttosto oscuro, a volte mi perdo via e non capisco bene!!! XD
Scusa

Comunque non vedo l'ora di leggere il seguito!!!
 
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ilusca
CAT_IMG Posted on 8/9/2010, 19:00     +1   -1




CITAZIONE (Lal Mirch' @ 7/9/2010, 23:33)
Finalemente sono riuscita a leggerlo tutto! :mki:

La storia mi piace assai, continua così...

Grazieeeeeeeee
Credevo non ti andasse più...
Grazie davvero :imba:
CITAZIONE (Lal Mirch' @ 7/9/2010, 23:33)
Devo dire che il personaggio di Matt assomiglia in maniera impressionante (sia come aspeto fisico che caratteriale) ad Eddy di ''Beck'' :asd:
SPOILER (click to view)
Anche per questo mi piace molto come personaggio!!! *w*

Eddy lo adoravo, però, non so se la descrizione lo lascia intendere, ma come ce l'ho fissato io in testa, non gli assomiglia poi molto XD
Comunque sono contenta che ti ispiri un così bel personaggio :mki:
CITAZIONE (Lal Mirch' @ 7/9/2010, 23:33)
Mi è piaciuta in modo particolare la seconda parte del terzo capitolo... e la fine... :mki:
Quanti pensieri profondi!

Grazie :imba:
Non sono poi così profonda >///<
Poi parli tu...
Comunque per 2° parte del 3° ti riferisci all'incontro di Matt e Takeshi?Quella parte piace anche a me...adoro quei due insieme **
CITAZIONE (Lal Mirch' @ 7/9/2010, 23:33)
Ti dò un piccolo consiglio ,se mi vorrai ascoltare! XD
Secondo me faresti meglio a dividere i capitoli in parti piùcorte, così che ogni paragrafo abbia un suo post: sono veramente lunghi, e un po' ti cala l'attenzione (magari se si sta anche facendo altro al pc), aumenteresti la suspence, e in più spartendo i post nell'arco di più tempo, riuscirai a scriverne il seguito senza problemi e magari in modo regolare...
:omg: Quanto ho scritto!!! :lool:

Hai perfettamente ragione...io prima facevo così, quando lo pubblicavo su un altro forum. Poi adesso ho messo tutto compatto, perché alla fine mi scocciava di spezzettare...in realtà avevo già la metà pronta XD
Dato perà che il tempo mi manca, era già nelle mie intenzioni pubblicare a piccole dosi :asd:
CITAZIONE (Lal Mirch' @ 7/9/2010, 23:33)
Un'ultima cosa: Mi potresti fare un piccolo schemino delle relazioni? Con tutti i personaggi presenti e il loro passato ancora piuttosto oscuro, a volte mi perdo via e non capisco bene!!! XD
Scusa

E ti dico che ne dovranno uscire ancora molti :lool:
Allora:
Kary e Daichi = fratelli
Takeshi e Matt = fratelli
Kary e Renji = fidanzati
Kary e Takeshi = sono stati innamorati
Rose e Yuzu = amici
Rose e Daichi = ex amici
Maeko e Yuzu = migliori amici
Jonas e Maeko = fidanzati
Dicon è amico di tutti XD

Questi sono i personaggi principali, a cui aggiungerò molta altra gente :sese:
Ho intenzione di approfondire bene la storia di ognuno, nonostante il protagonista sia Matt :asd:
Credo che con il 4° capitolo alcune cose saranno già più chiare ^^
CITAZIONE (Lal Mirch' @ 7/9/2010, 23:33)
Comunque non vedo l'ora di leggere il seguito!!!

Ok
 
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Lady Khasia
CAT_IMG Posted on 16/9/2010, 19:35     +1   -1




Bello il terzo capitolo! E anche un po' più complicato degli altri :asd:

Mi ha molto colpito questa frase: "[...] proprio perché i passi delle lancette a nulla sono indifferenti e tutto colpiscono,
avevano reso anni prima quel posto tagliato fuori dal mondo così come lo vedevano loro oggi [...]".
Molto bella. Veramente.

Takeshi è un basketman? :uhuh: *ç*


CITAZIONE (Lal Mirch' @ 7/9/2010, 23:33)
Mi è piaciuta in modo particolare la seconda parte del terzo capitolo... e la fine... :mki:
Quanti pensieri profondi!

Ah si, quoto Lal. Anche a me ha molto colpito l'ultima parte
Probabilmente eri molto ispirata mentre la scrivevi ^^

CITAZIONE (ilusca @ 8/9/2010, 20:00)
Allora:
Kary e Daichi = fratelli
Takeshi e Matt = fratelli
Kary e Renji = fidanzati
Kary e Takeshi = sono stati innamorati
Rose e Yuzu = amici
Rose e Daichi = ex amici
Maeko e Yuzu = migliori amici
Jonas e Maeko = fidanzati
Dicon è amico di tutti XD

Per fortuna hai postato questo elenco :asd: Altrimenti te lo avrei chiesto io, eheh ^^

CITAZIONE (Lal Mirch' @ 7/9/2010, 23:33)
Comunque non vedo l'ora di leggere il seguito!!!

E qui quoto nuovamente Lal XD
 
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Nalu
CAT_IMG Posted on 21/9/2010, 15:29     +1   -1




Come ti ho già detto hai ritmo nello scrivere, la storia è bella, interessante e mi piacciono le descrizioni che fai, soprattutto quella di Matt all'inizio è dannatamente bella *-*
La suspence è gestita bene .....dai le informazioni con il contagocce, anche se lanci delle piccole informazioni qua e là
SPOILER (click to view)
tipo zeppate :mki:
, e in modo accattivante, il che fa ingrippare chi legge la storia facendogli venire voglia di continuare la lettura con avidità, anche se la trama principale mi sembra contrassegnata da un bel pò si tristezza ^^
Non vedo l'ora di leggere il seguito e smettila di preoccuparti che annoi, perché non lo stai affatto facendo
 
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34 replies since 12/11/2008, 12:31   719 views
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