CITAZIONE
La carrozza ci portò sul luogo dove si era consumato il crimine, per tutto il tragitto l'amico E non proferì parola. Lo scalpiccio dei cavalli sul selciato si fece più morbido quando abbandonammo la strada cittadina, guardando fuori dal finestrino della vettura, notai le colline di poco distanti che si facevano via via più vicine, una leggera nebbia invernale (tipica delle colline romagnole) attraversava a banchi il paesaggio circostante, dando al panorama generale un'aria a dir poco tetra. Riconobbi la strada quasi subito. Era la stessa che fin da ragazzo percorrevo per andare a trovare i miei nonni in campagna, portava a Carpineta, una piccola comunità di contadini raccolti intorno a qualche casolare ed una chiesa e circondati da campi coltivati, frutteti e allevamenti; la carrozza si fermò in prossimità di una casa colonica: a due piani e dall'aspetto trasandato, di certo ai suoi possessori non doveva importare molto dello stato delle cose lassù.
Sul posto c'erano due agenti a presidio dell'ingresso, vedendo avvicinarsi E si scostarono ed uno di loro ci fece strada, appena passato il cancello di ferro che portava sul breve vialetto della casa colonica, avvertii come un senso di timore, inoltre avevo come la sensazione che qualcuno (o qualcosa) mi osservasse da dietro la fitta vegetazione, per lo più composta da salici, che adornava il vialetto. Fu per un attimo, breve quanto un battito di ciglia, che quasi sentii un sospiro all'orecchio, come se qualche invisibile presenza volesse comunicare con me. L'ispettore E, intanto, era già andato avanti verso la porta d''ingresso
<<che ci fai ancora laggiù? Non restare indietro>> mi chiamò voltandosi verso di me
<<siamo arrivati, è avvenuto qui>> e togliendosi il cappello mi fece segno di entrare in una stanza a destra a pochi metri dal corridoio situato subito dopo la porta d'ingresso.
Lo spettacolo che mi si presentò davanti aveva tutti caratteri dell'orrido e del grottesco: il sangue, ormai raggrumato ed annerito, insozzava le pareti della stanza in maniera massiccia, come se qualcuno lo avesse lanciato da un secchio, l'armadio era mezzo distrutto, con un'anta aperta, mostrando all'interno abiti di foggia femminile, semplici ma eleganti. L'altro mobilio, un cassettone ed un comodino erano pressoché intatti, uno specchio situato sulla parete sinistra rispetto alla porta della stanza presentava una netta frattura, come se qualcuno ci avesse sbattuto contro qualche oggetto pesante, c'erano anche tracce di sangue.
Il letto (evidentemente era una camera da letto) che occupava quasi tutto il lato destro della stanza era in completo disordine, le lenzuola gettate a terra quasi per intero, i cuscini assenti ed un corpo riverso su una pozza rossa con la schiena martoriata da segni di coltello. Le fattezze del cadavere erano ancora integre, la persona in questione era una donna non particolarmente alta: sui vent'anni all'incirca, anche dall'aspetto complessivo appariva quasi più una ragazzina, magra, carnagione (quel poco che traspariva dal lago di sangue) leggermente scura, capelli lunghi color castano scuro, sollevando la testa il volto non presentava segni di violenza, gli occhi, anch'essi castano scuri, erano spalancati quasi ad esprimere la sorpresa, o l'orrore che avevano attraversato la vittima negli ultimi momenti di vita. Rimasi rapito da quello sguardo inanimato, come fossi perso in un labirinto di sogni terribili e fantastici, c'era un non se che di inspiegabile nascosto dietro quell'iride ancora immacolato, una verità che ancora oggi mi atterrisce.
Tornando ad analizzare il corpo nella sua interezza, le braccia erano distese lungo i fianchi, chiaramente poste così dall'assassino, nella mano destra la vittima stringeva un giglio.
Questo fatto singolare scatenò in me più che una sorpresa, un senso di disgusto, il chiarore del bianco giglio, così puro in mezzo a questo spettacolo da macelleria, erano per me irrazionali, ed inspiegabili...quel giglio, lo fissai perdutamente per interminabili attimi cercando di coglierne chissà quale segreto, ma, ahimè, ancora non potevo capire in quali oscuri meandri della mente umana mi ero addentrato.
Il mio amico, gettato un rapido sguardo a quel teatrino degli orrori, mi mise una mano sulla spalla ed io, trasalendo, gli rivolsi uno sguardo che non doveva essere molto rassicurante. Con aria preoccupata mi fece segno di uscire, ed insieme tornammo verso il vialetto all'esterno del casolare; mi sedetti sotto uno dei tanti salici del giardino antistante l'ingresso con la faccia tra le mani, ero certo sconvolto da ciò che avevo visto, ed ancora oggi nel ricordare gli avvenimenti di quei giorni, non c'è momento in cui non provi ancora un brivido attraversare il mio corpo ed insinuarsi nella mia mente, una sensazione difficile da scacciare.
Tuttavia, E avvertito il mio disagio mi si avvicinò per tranquillizzarmi
<<È la prima volta che una tale efferatezza viene alla luce in questa regione>> esordì, poi vedendomi ancora sconvolto e con lo sguardo fisso sul suolo
<<forse è meglio se andiamo a prendere un po' d'aria, e magari qualche bicchiere di buon vino, vieni, conosco una buona locanda vicino alla chiesetta>>
Salendo ancora un poco con la carrozza, arrivammo al paese vero e proprio, sulla piccola piazzetta di Carpineta, si affacciavano tutte le cose di cui un abitatore della campagna aveva bisogno: una chiesa ed una locanda.
Prendemmo posto all'aperto incuranti dell'aria gelida che si stava approssimando con l'arrivo della sera, l'oste intuendo le intenzioni del mio amico, ci portò due bicchieri e lasciò una bottiglia di rosso, ci servimmo da soli.
<<la ragazza>> esordì E <<è una certa V, una servetta che lavorava per la famiglia Ricci, i proprietari del casolare, i suoi compiti erano di badare alla casa e ai bambini quando la signora non c'era, non aveva né un compagno, né amici quassù>>
<<nemici?>> replicai
<<figuriamoci se una ragazza di quel genere, ne potesse avere>> un sorriso sardonico attraversò il volto dell'ispettore, quasi a sottolineare l'assurdità della mia domanda
<<quale pensi possa essere il movente allora, e soprattutto, perchè mi hai portato qui?>>
Una domanda che mi sembrava giusto apporre, visto che, in effetti, non avevo alcuna relazione né con la vittima in questione, né con le operazioni d'indagine...almeno fino a quel momento.
<<mi serve il tuo aiuto>> disse secco <<finchè non riusciremo a capire il perchè di questo gesto, non potremo seguire una vera e propria pista nelle indagini>>
<<l'assassino non ha lasciato una qualche traccia o indizio sulla sua natura?>>
<<si è guardato bene dal farlo, non ci sono segni di effrazione in nessuna delle porte, nessuna arma del delitto rinvenuta, nessuna traccia di capelli o altro che fosse estraneo in quella stanza>>
<<a parte il giglio>> dissi quasi a bassa voce <<che cosa?>> mi chiese E che evidentemente non aveva udito
<<il giglio che aveva in mano la vittima, quello mi sembra di certo alquanto estraneo>>
<<in effetti...ma è l'unica traccia, e devi ammettere che non è di molto aiuto>>
Rimanemmo in silenzio ad approfondire le nostre congetture per diversi minuti, intervallando il pensare a sorsi di vino, poi venuta la sera, tornammo verso la città.
Trovai alloggio presso una rustica locanda poco distante dal centro, in questo modo sarei stato facilmente reperibile dal mio amico ispettore, augurandomi un buon sonno, E si congedò verso le 21:00.
L'aria che filtrava nonostante la finestra chiusa faceva rabbrividire ogni parte del mio corpo, nonostante il letto fosse caldo e le coperte abbondanti, non riuscivo a trovare conforto dal fredde della notte.
D'un tratto uno schiocco furioso s'accompagnò ad un lampo di luce fuori dalla finestra, in preda allo stupore mi fiondai alla finestra, mi sentivo pesante e goffo coperto sulle spalle con le coperte; non sembrava essere nulla di chè, la città era tornata ad essere inghiottita dalle tenebre e forse io ero il solo quella note che si trovava ad osservare la vita notturna di Cesena, spiando dalla finestra di una locanda.
Cercando di rinfrescarmi un attimo il viso, mi diressi verso la bacinella, versai un po' d'acqua dalla brocca e immersi le mani. Il contatto dell'acqua fredda con la pelle mi schiarì la mente anche se al tatto sembrava più densa e quasi appiccicosa, alzando gli occhi allo specchio trasalii d'orrore nel vedermi la faccia sporca di sangue, il liquido rossastro gocciolava ancora dalle mie mani quando mi accorsi di avere all'occhiello del mio pigiama un fiore d'un bianco splendente...un giglio.
La sorpresa duro ben poco, il riflesso di una lama levata da una figura oscura era apparsa allo specchio, era alle mie spalle, mi aveva raggiunto, era già troppo tardi. Il coltello si abbassò con uno scatto fulmineo, poi fu il buio.
Mi svegliai con gli occhi spalancati di puro terrore, il sudore scendeva dalla mia fronte per tutto il collo fino al petto dove il cuore batteva all'impazzata. Ansimando cercai di rendermi conto di dove mi trovassi, luci spente, un letto, delle coperte, accesi una candela appoggiata sul comodino di fianco al giaciglio.
La mia stanza, era in perfetto ordine, la fioca luce della candela non rivelò nulla di anormale intorno a me, ancora tremante mi levai in piedi,e con timore mi rivolsi allo specchio paventando che gli attimi onirici appena vissuti non fossero che un tetro preludio di una realtà ancor peggiore. Niente, tutto normale, niente sangue, niente lame o figure nascoste nell'oscurità, solo un inquietante senso d'angoscia che mi strinse il petto per tutta la notte.
Non chiusi occhio.
Un sole pallido s'affaccio alla finestra della mia camera e con esso un insopportabile picchiettio all'uscio. Con l'aspetto sfatto di una notte insonne aprii e mi sorpresi nel vedere E che mi aspettava di così buon mattino (a memoria mia non era mai stato un mattiniero)
<<tutto bene? Hai un'aria distrutta, non hai dormito bene?>> mi domandò preoccupato
<<a dire il vero non ho dormito affatto, il dio del sonno a volte gioca brutti scherzi>>
<<l'insonnia non ti ha privato della tua ironia, ma ora forza vestiti,>> disse con una certa foga <<abbiamo una traccia e mi serve che tu sia pronto il prima possibile>>.